Sindrome di Quirra – Anomalia in Sardegna

di Arobetu Musiu.

Sembra quasi di essere catapultati fuori da un sogno, quando si apprende che in Sardegna nel territorio di Quirra si ospita il Poligono Militare Interforze più grande d’Europa.

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Il Poligono è presente dal 1956, è teatro di addestramenti militari e sperimentazioni belliche. Con una superficie di 130 kmq a terra. Quirra – Regione sud-orientale della Sardegna, isola famosa nel mondo per essere una «terra di centenari». Immersa nella verde macchia mediterranea, la cui economia agro-pastorale ha permesso alla popolazione di vivere in armonia con la terra, conservando i saperi di una civiltà che ha sempre saputo guardare avanti, senza mai dimenticare i valori essenziali della comunità. Percorrendo la strada che da Cagliari porta a Muravera, Villaputzu e poi su, fino a Perdasdefogu, passando tra i tipici canneti del Sarrabus, sembra quasi di sentire riecheggiare il suono delle Launeddas, lo strumento tradizionale distintivo della Sardegna – Furono oggetto di studio del grande musicologo danese Andreas Fridolin Weis Bentzon, il quale dedicò la sua vita alla ricerca su questi antichi strumenti, suonati nell’isola fin dal periodo nuragico. Un territorio a grande vocazione turistica, la cui necessità fondamentale per mantenere la sua specificità, è quella di non cedere mai a barattare la sua struttura endemica, in cambio di un progresso legato a regole prettamente economiche che escludono qualsiasi attitudine naturale.

La Sardegna è anche il territorio dello Stato italiano con una maggiore presenza di servitù militari. Con 24000 ettari di suolo demaniale dedicati alla Difesa Militare, rappresenta il 66% dei 40000 ettari totali.

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La militarizzazione della terra sarda, avvenuta a seguito degli accordi tra i paesi della NATO dopo la Seconda Guerra Mondiale, ha portato con sé, non solo soldati e armi, ma anche tutti i rischi e gli svantaggi che accompagnano gli eserciti. Sono conosciute, ad esempio, come Sindrome del Golfo e Sindrome dei Balcani quella serie di malattie che colpiscono i veterani delle missioni militari nel Golfo Persico e nell’ex Jugoslavia: A essi vengono riscontrati disordini al sistema immunitario, sviluppano malformazioni genetiche che si ripercuotono nei loro figli, contraggono linfoma di Hodgkin e non Hodgkin e altre forme di cancro e leucemia. Parallelamente, identiche patologie si riscontrano tra la popolazione civile che vive nei pressi del PISQ (Poligono Interforze Salto di Quirra) e tra i militari che vi hanno prestato servizio. Tra l’inizio degli anni ’80 e la fine dei ’90 sono stati registrati ad Escalaplano (paese di poco più di 2 mila abitanti) 14 casi di bambini nati con gravi malformazioni. A Villaputzu l’11% della popolazione muore per varie forme tumorali. La prevalenza e l’incidenza di queste malattie nella popolazione, è così alto che si è arrivato a parlare di Sindrome di Quirra.

Diverse analisi eseguite anche grazie alla collaborazione dei medici operanti nella zona, portarono all’attenzione dell’opinione pubblica i risultati di anni di lotta aperta contro chi ancora cercava di occultare la polemica sulle basi e sulle malattie ad esse connesse, accusando le famiglie degli stessi ammalati, di agire per interessi economici. Si trattava di una battaglia coraggiosa: Chi si esponeva veniva isolato e minacciato pesantemente, chi faceva troppe domande veniva invitato ad occuparsi d’altro. Antonio Pili, ex sindaco di Villaputzu e oncologo, nel 2001 chiese accertamenti sull’altissimo numero di linfomi riscontrati nell’area del suo Comune, venne improvvisamente estromesso dalla vita pubblica. Fu la prima, coraggiosa denuncia. Sempre a Villaputzu, un anno dopo, la Marcia contro la guerra vide una grande partecipazione popolare. Tra gli abitanti della zona, anche associazioni e comitati seguivano il corteo, guidato da quattro “fantasmi”: Quattro donne sotto un lenzuolo bianco denunciavano ai megafoni ciò che accadeva a Quirra, rompendo definitivamente il muro di silenzio. I movimenti popolari intrapresero un iter di azioni sistematiche che miravano all’informazione e alla sensibilizzazione, imputando la responsabilità per le gravi malattie registrate in Sardegna alle attività belliche esercitate nei poligoni sardi. La questione di carattere puramente politico, in atto dagli anni ’60 e ’70, passò quindi ad un problema sanitario e ambientale.

Nonostante le morti, le malattie, il continuo transito di aerei da guerra e il pericolo dei bombardamenti a due passi dalle abitazioni, la popolazione appariva inizialmente stranamente quieta e, con fatica, si è riuscito a costruire un significativo fronte comune. Il poligono militare viene considerato l’unica opportunità di lavoro per gli abitanti di Villaputzu e paesi limitrofi. Infatti è li che molti di loro vengono assunti tra il personale civile della base, è nei loro paesi che i militari trascorrono la libera uscita, usufruiscono dei servizi e comprano i souvenir. Forse è a causa di questo velato ricatto che non è mai stato facile per i gruppi sensibili alla causa, cogliere il loro favore. Ma gli interessi che gravitano intorno al Poligono sono molto alti, non solo a livello locale. Oltre che dalle forze militari internazionali, il PISQ vede tra i suoi clienti anche le maggiori industrie belliche mondiali. Al prezzo di 1.200.000 euro al giorno (50.000 euro l’ora), multinazionali produttrici di armi come: Oerlikon-Contraves, Aerospatiale, Finmeccanica, Alenia, Oto Melara, Iveco, ecc., utilizzano il Poligono per le loro sperimentazioni belliche. Perdasdefogu ricava dalla concessione per l’utilizzo del suo spazio comunale, circa 600/700 milioni di euro all’anno.

Il segreto militare e il segreto industriale hanno sempre arrestato il fervore dei familiari delle vittime, dei movimenti e delle persone che chiedevano che si facesse chiarezza sulla vicenda.

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Per avvalorare la tesi che vedeva nella presenza militare il motivo di una così alta incidenza di tumori e alterazioni genetiche, era necessario poter provare scientificamente questi dati. Nello specifico, con riferimento ad altri studi effettuati dagli scienziati americani sui reduci delle guerre nei Balcani, in Medio Oriente e in Somalia, si ipotizzava la causa delle malattie nell’utilizzo di armi all’uranio impoverito, non tanto per le radiazioni emanate da questi prodotti dell’industria nucleare, quanto per le polveri composte da nanoparticelle metalliche, prodotte dalle esplosioni delle cariche. La Dottoressa Antonietta Gatti, tra i massimi esperti di nano-patologie, ha condotto studi approfonditi a riguardo. Afferma che queste nanoparticelle hanno la capacità di insidiarsi addirittura all’interno delle cellule e del loro nucleo. Questo tipo di polveri non possono che essere un prodotto dell’attività industriale e, nella zona di Quirra, questo tipo di inquinamento può scaturire esclusivamente dall’attività bellica svolta all’interno del Poligono: Lo stesso inquinamento che venne prodotto durante le guerre balcaniche e mediorientali, da cui sono nate le medesime patologie. Tutto trova conferma nell’indagine anamnestica svolta dai veterinari delle ASL che, dall’esame sugli allevamenti ovini, rileva:

«L’insorgere contemporaneo di problematiche genetiche (malformazione) negli animali e gravi malattie tumorali nelle persone che si occupano della conduzione degli allevamenti intorno alla zona perimetrale della base militare di Capo San Lorenzo nei territori di Quirra».

Con il trascorrere del tempo, i dati interessano percentuali sempre maggiori della popolazione. Per anni queste polveri contenenti torio, piombo, cromo e altri metalli pesanti, si sono propagate nell’aria e nei terreni militari che, nei periodi in cui non sono previste esercitazioni o sperimentazioni, vengono aperte al pascolo delle greggi. In questo modo la catena alimentare risulta contaminata e gli effetti sono immediatamente riscontrabili negli animali da allevamento. Le autorità competenti, in questi anni hanno continuato a nominare commissioni parlamentari di inchiesta e disporre monitoraggi sul territorio, finanziati con milioni di soldi pubblici, per verificare la possibilità di un nesso tra le morti che accomunano i militari che hanno riscontrato la Sindrome dei Balcani, con quelle avvenute nella zona di Quirra. In questo contesto il Ministero della Difesa appare sempre nelle vesti del controllato sia del controllore e i risultati prodotti si rivelano continuamente insoddisfacenti, definiti dalle associazioni popolari:

«Infiniti e mirati a non trovare quello che si vuole non trovare».

Tutto sembrava fosse trascinato nel tempo solo per tenere a bada l’opinione pubblica e la stampa, che già iniziava a divulgare interviste e dossier, con l’aiuto di chi da sempre lottava per avere delle risposte.

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Grazie al grande interesse e la costante mobilitazione dei comitati come Gettiamo le Basi, guidato dalla irriducibile Mariella Cao; delle associazioni degli ammalati civili e militari; dei movimenti indipendentisti; il Procuratore di Lanusei, Domenico Fiordalisi, sta finalmente riuscendo a districare la matassa. La Procura di Lanusei apre un’inchiesta per omicidio plurimo con dolo, violazioni ambientali, omissione di atti d’ufficio per mancati controlli, uso e detenzione illegale di armi da guerra. Nel PISQ sequestra due discariche abusive di materiale bellico e del materiale radioattivo (uranio 238, trizio e radio 226) custodito illegalmente nei magazzini del Poligono e nei depositi delle aziende private. Vengono acquisite documentazioni, fino a quel momento protette dal segreto militare e industriale.

20 gli indagati per i quali è stato chiesto il rinvio a giudizio, fra i quali: i generali Fabio Molteni, Alessio Cecchetti, Roberto Quattrociocchi, Valter Mauloni, Carlo Landi, Paolo Ricci; i colonnelli Gianfranco Fois e Fulvio Ragazzon; i componenti della Commissione Difesa Giuseppe Di Donato, Vittorio Sabbatini, Vincenzo Mauro; i docenti universitari Francesco Riccobono, Giuseppe Protano, Fabio Baroni, Antonello Di Lella; i chimici Sgs Gilberto Nobile e Gabriella Fasciani; il medico Pierluigi Cocco; l’ex sindaco di Perdasdefogu Walter Mura; il responsabile del servizio di prevenzione del poligono Walter Carta. Il sospetto è quello di una macchinazione atta a negare l’inquinamento del Poligono, con controlli ambientali manovrati e un sistema di consulenze e incarichi, nominati per garantire la copertura. Oltre che dall’utilizzo di Missili Milan, contenenti sostanze altamente dannose, l’inquinamento sarebbe stato provocato anche dallo smaltimento di residui bellici, ufficialmente fatti brillare per «l’addestramento degli artificieri». Molte sostanze cancerogene avrebbero, inoltre, contaminato il terreno e le falde acquifere, a causa della creazione di discariche abusive (come quella di Is Pìbiris), finendo nei fiumi utilizzati per l’abbeveraggio delle mandrie e dei pastori e determinandone la morte. Nelle ossa delle salme di questi pastori, riesumate per le indagini, è stato trovato torio radioattivo.

Tutto questo conferma l’esistenza della Sindrome di Quirra. La richiesta di rinvio a giudizio per falso ideologico all’omissione aggravata di cautele contro infortuni e disastri, e ancora all’ostacolo aggravato alla difesa da un disastro, riportano inconfutabilmente ad una causa certa e provata. Nel palcoscenico politico non mancano i primi slanci per sfruttare l’occasione di candidarsi a salvatori della patria. I palesi sentori di una soluzione drastica per il Poligono, portarono già il Parlamento italiano a promettere la chiusura «qualora risultasse un collegamento tra le attività militari e l’incidenza di tumori», ignorando spudoratamente il principio di precauzione, e dando avvio quella serie di inutili e fasulli monitoraggi ambientali. Ora, la formula apparentemente decisiva è quella celebrata dal senatore del PD Gian Piero Scanu, approvata all’unanimità dalla Commissione Parlamentare d’Inchiesta sull’Uranio Impoverito, di bonificare e riconvertire il Poligono militare:

«Trasformando un rischio per la salute delle persone e degli animali e di inquinamento ambientale, in una grande opportunità – si legge ne L’Unione Sarda – con la riconversione di quei siti a fini industriali, nei quali favorire l’insediamento di aziende di caratura nazionale e internazionale fortemente connotate dalla propensione a investire in alta tecnologia, anche a scopi militari, per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di sistemi di difesa elettronica e aerospaziale».

Si passerà, quindi, dal lancio di missili, alla simulazione di guerra elettromagnetica e l’addestramento alla guida degli aerei drone telepilotati, per 4 dei quali nel 2008 è stato contrattato l’acquisto dalla Difesa italiana, per 330.000 milioni di Dollari. La Sardegna ha una grossa rilevanza strategica per lo Stato italiano. Chissà quante commissioni d’inchiesta dovranno ancora essere istituite, perché anche i sardi che ci abitano possano vedere rispettati i loro diritti umani fondamentali e gli venga restituita la loro terra, pulita.

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