La Ferrari e Alonso – un funzionale divorzio

di Igor Carta

La Formula 1 funziona a cicli, quello di Alonso e della Ferrari non si é mai aperto, e le ragioni, fatti alla mano, inchiodano lo spagnolo

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A dieci anni dal suo primo titolo mondiale Fernando Alonso ha deciso di ricominciare daccapo, in un team da cui fuggì anni fa a causa dell’impossibile convivenza con un team-mate ostico per tutti, l’attuale campione in carica Lewis Hamilton e con il boss che più boss non si può, Ron Dennis. Due anni nel purgatorio Renault con la macchia del crash-gate poi lo sbarco in Ferrari, uno spicchio di paradiso fino ad Abu Dhabi 2010, poi la lenta inesorabile caduta, colpa di tutti tranne che sua; quale fosse il nocciolo del problema lo spiegò prima dell’inizio del campionato 2015 un ex addetto ai lavori a cui di certo l’esperienza non manca, Mauro Forghieri, il direttore tecnico Ferrari dei gloriosi tempi di Villeneuve, Lauda e Scheckter per capirci.

In quell’ intervistaFuria” fu lapidario: “Alonso è un grandissimo corridore, ma non è un buon collaudatore. Ogni anno, quando gli davano la macchina in mano, diceva che tutto era perfetto, poi dopo qualche mese cominciava a parlarne male. Il vero campione è quello che gestisce la squadra”.

Subito volarono rimbrotti contro l’ing. Forghieri, reo di aver messo in dubbio le indiscutibili doti del miglio pilota attualmente in attività, peccato che al momento, alla vigilia della quarta gara stagionale i fatti stiano dando pienamente ragione all’ex D.T. Ferrari; i piazzamenti sia di Sebastian Vettel che di Kimi Raikkonen palesano la nuova, ottima atmosfera sbocciata nel box Ferrari con l’assenza di Alonso. Di quanto fosse benefica si accorse già l’anno scorso un certo Felipe Massa, passato dall’essere un ottimo pilota a poco più di un brocco, idem dicasi per Raikkonen, non propriamente l’ultimo arrivato, ma terribilmente sfortunato.

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Specie nelle ultime due stagioni allo spagnolo sarebbe calzata a pennello quella frase che il Drake dedicò a suo tempo a Carlos Reutemann, definito “tormentato e tormentoso”, ma Alonso è davvero un campione? Le doti velocistiche non sono certo in discussione, ma i campioni sono fatti anche di altro, capacità di collaudo, di sviluppo, di gestione della squadra team-mate compreso. Anche quando il titolo arrivò, le stagioni dello spagnolo non furono delle passeggiate, possiamo azzardare inoltre che ebbe anche tanta fortuna. Prendete il 2005, il team-mate di allora, Giancarlo Fisichella, vinse la prima gara e saludos, non ne azzeccò più una, Alonso vinse tre Gp praticamente indisturbato fino all’arrivo della McLaren di Raikkonen a ravvivare il campionato, avrebbe potuto vincere tutte le gare rimaste, Alonso cercò di resistere ma capì subito che l’avversario era fuori portata, e forte del vantaggio accumulato ad inizio stagione corse di rimessa attendendo i guai dell’avversario; Raikkonen ruppe motori in sequenza e malgrado le dieci vittorie stagionali la McLaren riuscì a perdere anche il mondiale costruttori specie a causa dell’altro pilota, Juan Pablo Montoya, totalmente inadeguato. Nel 2006 fu un protagonista più attivo, sembrava fatta per l’ottavo titolo di Michael Schumacher, con un Alonso annientato anche psicologicamente (memorabile la faccia sul podio in Cina) che la settimana dopo a Suzuka ricevette il regalo più grande, Schumacher con il motore arrosto mentre si apprestava a vincere la penultima gara stagionale e che assegnava matematicamente il titolo allo spagnolo. Ma in seguito furono diversi i fatti sia dentro che fuori dai circuiti a renderlo protagonista sempre in negativo, la spy story alla McLaren nel 2007 con i ricatti a Ron Dennis, il crash-gate del 2008 alla Renault costato il posto a Flavio Briatore e al D.T Pat Symonds, l’allontanamento di Raikkonen dalla Ferrari per lasciargli il posto nel 2009, le discrete stagioni 2010-2012 poi la prima insanabile rottura, quel “siete dei geni” via team-radio in mondovisione che dedicò al suo box. Alla fine non erano problemi tecnici, ma semplice umanità, basta confrontare le facce dei meccanici Ferrari fino all’anno scorso con quelle attuali per capire che l’addio dello spagnolo potrebbe essere per la Rossa l’affare del decennio.

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