Sindone – Nessuno studio riapre il “caso”, l’origine Medievale è un dato accertato

Non è molto chiaro cosa si intenda per “nuovo studio” nell’articolo apparso su La Stampa in occasione del giorno della Venerazione della Sindone. Quel che viene riportato nell’articolo di Andrea Tornielli (da tempo critico dell’origine medievale del telo che avrebbe avvolto Gesù, secondo la tradizione) sembra più l’annuncio di un convegno di sindonologi. Tra i partecipanti anche Paolo Di Lazzaro dirigente dell’Enea di Frascati, il quale sosterrebbe posizioni critiche già ampiamente smentite sull’attendibilità della datazione al C-14 effettuata nello studio del 1988, pubblicato su Nature, che confermò l’origine medievale della Sindone.

“Il calcolo che trasforma il numero di atomi C-14 nell’età di un tessuto” [presenterebbe] “maggiori incertezze rispetto ad altri campioni solidi (ossa, manufatti, etc.) a causa della maggiore permeabilità del campione tessile agli agenti esterni (digestione batterica, muffe, sporcizia)”.

Le critiche dei sindonologi sono state già smentite

Ma come spiega molto bene Gian Marco Rinaldi nella sua analisi di ben quaranta pagine sullo studio di Nature (versione integrale in Pdf), “la variabilità fra i dodici campioni è nei limiti di quanto ci si poteva aspettare dagli errori sperimentali e non implica che ci siano reali differenze fra i campioni.” Insomma di tutte queste preoccupazioni riguardo ad agenti esterni lo studio tiene conto eccome. A nulla serve ricordare che “la Scienza è progredita mettendo in discussione i risultati acquisiti in precedenza.” In questo caso non c’è nessun progresso, si ripetono solo le solite critiche già smentite coi fatti. Come fa notare anche il Cicap.

Spettabile La Stampa, l’origine medievale della Sindone è un dato scientificamente consolidato; il “caso” rimane aperto soltanto sui mass media.

Gepostet von CICAP am Donnerstag, 3. Mai 2018

Dove sono i nuovi studi dei sindonologi?

Ci aspettiamo allora che i sindonologi prendano atto che quanto pensavano vero cozza coi risultati di uno studio rigoroso. Magari potrebbero anche loro farne uno e vedere se una rivista scientifica paragonabile a Nature lo accetta per la pubblicazione, a seguito della verifica paritaria. Facciamo notare che l’autore dell’articolo Andrea Tornielli aveva dato già eco alle tesi di altri sindonologi, come riporta Gian Marco Rinaldi nella suo fact checking:

“Comunque le tesi hanno avuto risonanza suì giornali o su internet in seguito ad articoli o interviste pubblicati da Tosatti, Fanti e Andrea Tornielli.”

 

La Sindone è stata già riprodotta in uno studio

Infine, secondo quanto riportato su La Stampa “la Sindone di Torino, quell’immagine che nessuno è ancora riuscito a riprodurre, rimane dunque un mistero.” Non è proprio così. Luigi Garlaschelli aveva proprio riprodotto la Sindone in laboratorio, come ci aveva raccontato nell’intervista che ci concesse tre anni fa. Oltre a questo facciamo notare due dettagli importanti: i risultati dello studio del 1988 non fecero altro che confermare dati precedenti che collocavano nel Medioevo la Sindone; uno studio del 2014 condotto da Charles Freeman collocherebbe la reliquia nel 1355, facendo notare che nessun testo ne fa menzione prima di quella data, ipotizzando che potesse trattarsi di un telone scenografico usato per cerimonie pasquali. Ovviamente questo è difficile da accertare, anche la datazione esatta non è detto che si riesca ad ottenerla; ma la differenza che passa tra epoca romana e Medioevo è già alla portata degli strumenti.

Il “mistero” dei lembi mancanti – Aggiornamento (14:15)


Rimaneva un’ultima curiosità da chiarire, quella dei lembi che non sarebbero stati analizzati, di cui si accenna nell’articolo de La Stampa. Anche in questo caso siamo di fronte ad una imprecisione, come ci spiega molto bene l’autrice di QueryOnline Sofia Lincos.

Si parla insomma di un frammento la cui mancata analisi non aggiunge né toglie allo studio nel suo insieme. Ricordiamo inoltre che prima di venire pubblicato uno studio scientifico deve essere sottoposto ad una revisione da parte di altri esperti, per verificare la correttezza del metodo utilizzato. Stiamo parlando di Nature una delle riviste col più alto impact factor al Mondo, vale a dire che l’accuratezza con cui vengono esaminati gli studi è tale che questi vengono citati molto spesso in altre pubblicazioni. A meno che non si voglia gridare al complotto prima di criticare uno studio bisognerebbe per lo meno farne un’altro che possa sul serio rovesciare i risultati del precedente.

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