Tabacco & F1 – è davvero cambiato qualcosa?

di Igor Carta

Sono 10 anni che è vietata la sponsorizzazione del tabacco sulle auto di F1, con quali risultati? Nel 2015 in Italia i fumatori sono aumentati

F1

Nel 2014, durante il week end che ha ospitato la F1 sulla pista dell’Hungaroring, si rincorsero voci insistenti sul ritorno della pubblicità del tabacco sulla livrea delle vetture. I colpevoli sarebbero stati la John Player e la scuderia Lotus. Già dal 2011 la scuderia britannica corre con una verniciatura che richiama lo storico marchio dei decenni passati reso famoso dalle vittorie di Mario Andretti, Ronnie Peterson e Ayrton Senna, ma le smentite di rito hanno convinto assai poco. Per gli appassionati ciò non rappresenta una grossa novità, visto che, senza lasciare i confini nostrani, la Philip Morris è tuttora, malgrado i divieti inderogabili, il main sponsor dei team Ferrari F1 e Ducati MotoGp, ovvero quello che sborsa più quattrini per permettere alle squadre, materialmente, di partecipare alle competizioni. Tali divieti raggiunsero la massima virulenza a circa metà dello scorso decennio, quando le multinazionali del tabacco, dopo aver sponsorizzato a manica larga scuderie e gran premi, vennero via via messe da parte. Osservate vetture e circuiti come erano tappezzati appena 10 anni fa:

Alcuni team manager commentarono raggianti che la nuova frontiera della pubblicità nel mondo delle corse era ormai in mano ai giganti finanziari e della telefonia. C’è solo un piccolo particolare. Che fumare sia deleterio per la salute lo sanno ormai anche i sassi ma, questa è una opinione personale, che senso ha mantenere un prodotto in commercio se non è possibile reclamizzarlo? Tanto per fare un esempio, nella civilissima Germania le sigarette sono sponsorizzate come un qualsiasi altro prodotto; a questo punto sarebbe anche il caso di vietare la pubblicità di alcolici e telefonia, ovvero i principali responsabili della maggior parte degli incidenti stradali. I promotori di questa linea di pensiero puntano il dito sul fatto che palesare un marchio di sigarette su un mezzo da corsa conterrebbe un messaggio negativo per i giovani. D’accordo, ma se la linea deve essere questa, perché non vietare alla Red Bull di sponsorizzare imprese come quella di Felix Baumgartner, o come mai alla Sector non fu impedito di foraggiare le imprese di “buonanima” Patrick de Gayardon? In quelle forme di pubblicità non si nasconde forse un messaggio negativo per i giovani, rischiare la pelle così è assai “cool”? Ricordo ad esempio un racconto della giovinezza dei miei genitori; capitava spesso che dopo la visione al cinema dei film di Bruce Lee, diversi idioti finissero all’ospedale causa fratture figlie di tentativi di emulazione della pellicola. Con la stessa modalità di pensiero, Chuck Norris, Steven Seagal & Co. avrebbero avuto una carriera stroncata sul nascere. Non che sia un male assoluto ma…

Dall’altro lato questo divieto ha forse avuto lo stesso effetto dello stranoto proibizionismo sugli alcolici, ovvero la creazione del fascino del proibito. Se un prodotto è di libera vendita è sacrosanto reclamizzarlo, ben venga la pubblicità delle sigarette, e altrettanto lo sia illustrare a fondo, senza censure, cosa possano provocare le “bionde” o citando John Constantine, “i chiodi di bara”. Al tempo stesso, vista la crisi, almeno in F1 e MotoGp potrebbe riprendere il gettito di denaro garantito dalla Philip Morris & Co., permettendo l’ingresso di nuovi team e magari maggior spettacolo, grazie alle tasche di chi ancora fuma. Del resto, è una libera scelta. Testimone del fallimento di questa strategia è il dato recentemente diffuso in occasione della Giornata Mondiale senza Tabacco, secondo cui le vendite in Italia, nonostante gli straconosciuti rischi per la salute e per i costi esorbitanti, sono in aumento. Ergo, la gente non inizia a fumare o a bere Martini o Johnnie Walker per via delle scritte sulle auto; una proposta? Educare le persone, fin da bambini, ad uno sport che li appassioni, quando allenandosi si sentiranno subito a corto di fiato, stanchi e con il petto pesante, capiranno da soli che la sigaretta non è un buon affare.

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