Suzuka – l’ultimo round

di Igor Carta

Se i campionati di F1 furono dei match a volte senza esclusione di colpi, i round decisivi si giocarono spesso in quel di Suzuka

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Ayrton Senna ed Alain Prost, Michael Schumacher contro Mika Hakkinen, Kimi Raikkonen e Fernando Alonso, sono solo alcuni dei più famosi duelli della F1 che videro il loro ultimo round in terra nipponica, molto spesso sede dell’ultima gara di diversi campionati, consuetudine chiusa quando subentrarono i petroldollari di Abu Dhabi. Quella di Suzuka, pista ubicata nella baia di Ise a pochi chilometri dalla metropoli di Nagoya, è un circuito di proprietà della Honda particolarmente amato dai piloti per via della sua particolare configurazione, l’unica del mondiale “ad otto” e con delle curve, esattamente come altri circuiti storici come Montecarlo e Spa, ognuna con una storia da raccontare. Fu qui ad esempio che Nigel Mansell diede l’addio al mondiale del 1987 per via di un brutto incidente alle “Esse” che gli causò una frattura alla schiena, fu qui che si consumarono i più virulenti capitoli del duello rusticano tra Senna e Prost, il primo nel 1989; Alain Prost si presentò a Suzuka con sedici punti di vantaggio sul compagno di squadra che colse la pole position rifilandogli più di un secondo e mezzo; al via della gara il francese partì a razzo, condusse la gara agevolmente ma il brasiliano rimontò di gran carriera, al 46° giro tentò l’attacco alla chicane del Triangolo ma le due McLaren si scontrarono. L’auto del francese sembrò aver avuto la peggio, Senna invece rientrò in gara, vinse ma venne poi squalificato dai commissari di gara. Il brasiliano si infuriò, sostenne che Prost avesse volutamente cercato il contatto, infatti la situazione si ripeté a ruoli invertiti l’anno dopo, quando il francese inseguiva il quarto titolo con la Ferrari; la gara dei due contendenti durò fino alla prima curva, dove Senna tamponò volontariamente, lo ammetterà solo anni dopo, la vettura del rivale. Passarono ben otto anni prima che Suzuka tornasse ad essere decisiva per l’assegnazione del mondiale, arriviamo al 1998, è sempre McLaren contro Ferrari ma ai rispettivi volanti ci sono Mika Hakkinen e Michael Schumacher, il finnico è al vertice della classifica, il tedesco è in pole e deve vincere a tutti i costi ma vanifica tutto facendo spegnere il motore in griglia; partito ultimo si lancia in una rimonta furibonda che lo conduce fino al terzo posto quando deve ritirarsi per guai alla vettura.

 L’anno dopo Hakkinen se la deve vedere sempre con una Ferrari, ma con quella di Eddie Irvine, che parte solo quinto dopo aver distrutto la vettura in una uscita di pista al tornante Hairpin. Ma il finlandese della McLaren non si fa troppi problemi, parte a razzo e ci vediamo al traguardo, per la Ferrari c’è solo la consolazione del titolo costruttori. Poteva essere la stessa solfa nel 2000, ma arrivò una pioggia sottilissima a rallentare Hakkinen e fare in modo che Schumacher firmasse la vittoria che gli valse il primo titolo in rosso. Salto successivo al 2003, ancora ultima gara, ancora entrambi i titoli in bilico, Schumacher riesce solo nel finale a cogliere un punticino che valse il sesto titolo iridato su Kimi Raikkonen, staccato di appena due punti. Altra gara decisiva, ma non l’ultima, fu quella del 2006, quando i contendenti erano sempre Schumacher e la Renault di Fernando Alonso; il tedesco, reduce da due vittorie consecutive a Monza ed in Cina conduceva la gara fino a 17 giri dalla bandiera a scacchi, quando venne tradito dalla rottura del propulsore per la gioia, e titolo mondiale, di Fernando Alonso. Curioso come i suoi successi dipendano dalle disgrazie altrui, Raikkonen docet. Stai comunque tranquillo Michael, certe imprese, per alcuni, rimarranno un sogno.

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