Schiavi del Social Network – La società del silenzio

di Enrico Bulleri.

I Social Network hanno fatto sì che tutto dipendesse da una comunicazione che ha strumentalizzato i nostri rapporti trasformandoci in schiavi del mezzo.

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Quindi rapporti ancora più “liquidi” e inconsistenti, inappaganti, di quanto già non fosse la difficoltà dei rapporti umani; anche qualora essi escano dai gesti fraintendibili del virtuale, per approdare ad una “realta” d’incontro e conoscenza, anch’essa è ormai sempre meno “reale” e illusoria, ingannatrice.

«Non mi importa più». Un vizio tra i più gravi della nostra epoca. Ho ritrovato in un articolo di giornale una citazione di Natalia Ginzburg. Essa scriveva già negli anni cinquanta che «Tra i vizi più strani e più gravi della nostra epoca va menzionato il silenzio».

Difficilmente una riflessione poteva essere ormai più nel “patrimonio comune” di questa. Eppure, quasi tutti continuano a comportarsi profondamente nel medesimo senso distorto. Non soltanto tra persone per cui l’idea di sentirsi nemmeno potrebbe sfiorarle, ma anche per coloro che si sono sentite e si sentono (nelle sempre più desuete telefonate), o si sono persino viste e frequentate, il non sentirsi improvviso anche per mesi, pare divenuto la regola. La vigliaccheria ha la meglio sul coraggio che ci vuole per parlarsi, e le relazioni come i rapporti non solamente d’amicizia, terminano così, senza più intenzioni e umori dichiarati e chiari, o resi come tali dal marcire nel silenzio. Ormai da tempo si fa tutto “digitando” e anche questo faticosissimo articolo lo si finirà “scrivendo”.

Oggi si può dire che grazie ad internet non si sia più in stretta confidenza con nessuno, senza nichilismi anti-tecnologici e passatisti alquanto puerili, i rapporti interpersonali, la catena dei rapporti sociali, si è precarizzata ed è divenuta violenta nel senso di utilizzo e mal pratica dei comportamenti umani, stupidi oltre che spesso inutili, e che le persone fanno l’une con le altre. Questa espressione dell’informatica attraverso i social network è una comunicazione sempre o quasi virtuale fra gli individui, che si può spezzare o bloccare in ogni momento anche a proprio capriccioso e immaturo volere e azione; è la chiara e visibile forma di dominazione di una società repressiva, che l’imperialismo della globalizzazione vorrebbe sempre più simile ad un lager di milioni di lavoratori precarizzati e sotto-salariati, e se non nella disperazione della disoccupazione e della solitudine desertificata dei rapporti umani; quindi successivamente, consumatori.

Dov’è la tanto millantata capacità di mobilitazione delle masse e del loro coinvolgimento della comunità globale 2.0? quando internet e i social network stessi sono finalizzati a esercitare un rigido controllo su quello che ci piace, ciò che desideriamo consumare o esperienziare, ciò a cui aspireremmo anche come maggiori libertà sociali e realizzazioni dell’inviduo, come sentimentali e appagamenti sessuali fuori dalle costrizioni di un quotidiano che non ha quasi mai che pochissimo da offrire, e mentre dietro alla loro cortina di seducente fumo e promesse di possibilità e opportunità, altro non sono che uno strumento coercitivo che ti impone forzatamente il like di turno per piacere e solleticare qualcuno dall’altra parte, che tanto mai ti capirà o riuscirà ad interpretarti. Meglio proseguire così nei peggiori anni della nostra vita, fatti di milioni di mail e di mpv di Messenger o di WhatsApp e quant’altro – magari con Skype per parlare con qualcuno lontano nell’illusione alimentata che sia un amico o un’amica con cui vedersi, il che molto probabilmente non accadrà mai.

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E senza nemmeno l’accorgersi per molte persone di quanto tutto ciò sia brutto e grave, essendosi la sensibilità corrente rimodellata sul disimpegno e opportunismo tipico dell’era social, in cui difficilmente potranno trovare posto aspirazioni di realizzazione e appagamento nei rapporti umani e ancora meno, sentimentali. Così come già è stato compiuto con il lavoro, con il salario, con la mobilità forzata dell’individuo e di intere comunità e quindi lo sradicamento e l’ininfluenza, così anche i rapporti umani e di solidarietà, sostegno, comprensione, reciprocità, non potevano e dovevano che essere precarizzati anche loro, proprio per liquidare ogni forma di base sociale e quindi, di coscienza. Benvenuti in un mondo nel quale ogni umanità è sconfitta e persa, la solitudine regna ovunque con il suo segno, non puoi più entrare in una vera relazione con nessuna persona. Ogni sforzo di trovare un equilibrio e una sicurezza è inutile oltre che futile, ci puoi provare e molti ci hanno provato in diversi modi, benché cercare di vivere in maniera diversa nel contesto attuale non potrà che portare al più naturale disgusto. Non andrebbe però mai dimenticato quel che poteva essere la vita vissuta e che abbiamo sacrificato come società occidentali di false e nulle libertà unicamente consumistiche e materiali, lasciate oltre e senza voltarsi indietro, le verità che non abbiamo avuto il coraggio di mantenere vive, e anzi abbiamo lasciato morire. L’immenso potere della tecnologia ha lasciato dunque dietro le spalle la vita stessa. Non so come e in quali forme, ma non dobbiamo dimenticarle.

E’ stata uccisa dalla tecnologia la capacità e il piacere vero di rapportarsi e soprattutto di ricercarsi, all’insegna di quella naturale curiosità che era insita nella natura di specie del genere umano. Non potrà che essere sempre più percorsa e frequentata la strada che conduce all’odio e all’offesa, alla minaccia del fallimento, lavorativo e professionale come personale e umano, dell’individuo. Trasformando alla fine l’uomo in una minaccia per sé stesso, una volta che raggiunta la maturità e consapevolezza necessarie, raggiunga anche la piena consapevolezza di quali e quante menzogne la storia delle nuove e feconde possibilità sia chiara e totale.

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La vittoria della tecnica all’insegna di una società lavorativamente e salarialmente “liquida”, e quindi anche nei rapporti umani, è così totale che le nostre piccole vite di uomini sconfitti non lasceranno più alcun segno, anche perché non ci sono da questa parte guerre da combattere, né armi da poter scaricare addosso a nessun obiettivo che non sia l’alta indifferenza di cui sopra, e a quello che alcuni chiamerebbero ancora destino. L’alta indifferenza di cui scriveva un vero poeta (quella bassa sarebbe l’amore). Figuriamoci quale tipo di indifferenza è quella prodotta dall’illusione data da una assoluta mancanza di intimità fra le persone, così propria e distintiva nel suo tratto, dei social network e degli strumenti come Messenger, WhatsUpp e chi più ne ha più ne metta. Eppure, si sente e si legge spesso che nell’epoca di Facebook dovrebbe essere persino dubbia la possibilità del potersi nell’oggi realmente definire “solo come un cane”, poiché chi lo è più realmente?

Quanta polvere negli occhi e quanta mancanza di verità, quanta superficialità in tali asserzioni, quando non c’è niente di vero e di vitale in questi mezzi virtuali che non la vacua vanità senza importanza di chi vi si pone con le sue foto ammiccanti e nelle diverse declinazioni, possibilmente avvenenti, le quali riscuoteranno sicuramente nel minor spazio possibile di tempo – da ansiogenicamente valutare e quantificare – moltitudini di “like”, e di commenti più o meno insignificanti, ma comunque gratificanti per un certo tipo di vuota ricerca di assenso e attenzione, portando ad un’affermazione quale nessuna altra epoca moderna abbia conosciuto, della vanità più evanescente e del frivolo più menzognero. Sarebbe solamente da disprezzare tutto questo e i segni che esso ha portato, in quest’epoca, nella quale non si uccide nient’altro che la profondità relazionale e la contemplazione, in cui non si odia altro che qualche inventata orda barbarica pronta ad invaderci ad interscambiabile piacimento di rom ed immigrati, abilmente costruita mediaticamente da molti che qualcuno ha ben definito piazzisti della paura. Non c’è più niente da provare nel rapportarsi con gli altri perché tanto sono riusciti a costruire intorno all’individuo un universo di tradimento e superficiale ipocrisia superlativamente perfezionato, che ti hanno oramai convinto e dimostrato dell’inutilità e futilità irrimediabilmente votata al fallimento, di ogni tentativo in senso opposto che contravvenga a questo tipo di mediocrità. Che è ovunque, ed in ogni convenzione falsamente anticonformista – strutturale – dei rapporti sociali dell’oggi.

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