Pietro Rigosi – Bomba sua la Macchina a Vapore

di Mariarosa Signorini.

Chi non conosce la canzone di Francesco Guccini La locomotiva? Se non la conoscete (ma è quasi impossibile), vi consigliamo di ascoltarla perchè è bellissima. Il testo si ispirata ad un fatto realmente accaduto, raccontato con alcuni adattamenti poetici. Protagonista della vicenda Pietro Rigosi, aiuto macchinista (fuochista) delle Ferrovie Italiane.

locomotiva

Contenuta nell’album Radici del 1972, è, forse, la ballata più popolare del maestrone emiliano e per più di quarant’anni egli l’ha riproposta alla fine di ogni suo concerto.

Rigosi, allora 28enne, il 20 luglio 1893 poco prima delle 5:00 pm si impadronì di una locomotiva in sosta. Questa – divenuta, grazie a Guccini, famosissima – trainava un treno merci e durante la sosta nella stazione di Poggio Renatico (FE), ove il Rigosi era di servizio, fu staccata dal convoglio dallo stesso, che approfittò dell’assenza del macchinista titolare. Successivamente la lanciò sui binari alla velocità di 50 km/h, che per l’epoca era sostenuta. Il suo intento era quello di andare contro a un treno di lusso che vedeva transitare quotidianamente per distruggerlo, ma il personale tecnico delle ferrovie riuscì a deviare la corsa. La locomotiva condotta da Rigosi si schiantò contro sei carri merci in sosta lungo un binario morto della Stazione di Bologna. Dall’impatto Rigosi ne uscì vivo «lo raccolsero che ancora respirava», ma in pessime condizioni. Gli venne, infatti, amputata una gamba e il suo volto restò sfigurato da numerose cicatrici.

Nessuno seppe mai il vero motivo del suo folle gesto, ma un cronista della Gazzetta Piemontese scrisse che Rigosi si lasciò sfuggire la frase:

«Che importa morire? Meglio morire che essere legato!»

Non venne sottoposto ad alcun processo e, conseguentemente, assoggettato ad alcuna pena. Fu esonerato dal servizio in ferrovia per motivi di salute, e non licenziato. Gli venne riconosciuto un sussidio non molto elevato, ma Rigosi quando lesse il motivo dell’esonero (buona uscita), si rifiutò di firmare. Accettò di ritirare la somma allorquando la motivazione venne sostituita con “elargizione”. Non si conoscono le circostanze della morte di Rigosi e non sono note sue fotografie, né altri particolari della sua vita.

Rigosi, sposato, padre di due bambine di tre anni e dieci mesi, aveva idee profondamente anarchiche, e il suo tentativo di suicidio simbolico venne da molti interpretato come un disperato gesto di protesta contro le difficilissime condizioni di vita e lavoro dell’epoca e contro l’ingiustizia sociale che, a quel tempo, si manifestava in forme inaccettabili in tutti gli ambienti.

© Riproduzione Riservata

La Locomotiva – Francesco Guccini

 

 


Non so che viso avesse
neppure come si chiamava
con che voce parlasse
con quale voce poi cantava
quanti anni avesse visto allora
di che colore i suoi capelli
ma nella fantasia
ho l’immagine sua
gli eroi sono tutti giovani e belli.

Conosco invece l’epoca dei fatti
qual era il suo mestiere
i primi anni del secolo
macchinista, ferroviere.
I tempi in cui si cominciava
la guerra santa dei pezzenti
sembrava il treno anch’esso
un mito di progresso
lanciato sopra i continenti.

E la locomotiva sembrava
fosse un mostro strano,
che l’uomo dominava
con il pensiero e con la mano
ruggendo si lasciava indietro
distanze che sembravano infinite
sembrava avesse dentro
un potere tremendo
la stessa forza della dinamite.

Ma un’altra grande forza
spiegava allora le sue ali
parole che dicevano
«Gli uomini sono tutti uguali»
e contro ai re e ai tiranni
scoppiava nella via
la bomba proletaria
e illuminava l’aria
la fiaccola dell’anarchia.

Un treno tutti i giorni
passava per la sua stazione:
un treno di lusso
con lontana destinazione
Vedeva gente riverita
pensava a quei velluti, agli ori,
pensava al magro giorno
della sua gente attorno
pensava un treno pieno di signori.

Non so che cosa accadde
perché prese la decisione.
Forse una rabbia antica
generazioni senza nome
che urlarono vendetta
gli accecarono il cuore
dimenticò pietà
scordò la sua bontà
la bomba sua la macchina a vapore.

E sul binario stava
la locomotiva
la macchina pulsante sembrava
fosse cosa viva
sembrava un giovane puledro
che appena liberato il freno
mordesse la rotaia
con muscoli d’acciaio
con forza cieca di baleno.

E un giorno come gli altri
ma forse con più rabbia in corpo
pensò che aveva il modo
di riparare a qualche torto
salì sul mostro che dormiva
cercò di mandar via la sua paura
e prima di pensare
a quel che stava a fare
il mostro divorava la pianura.

Correva l’altro treno ignaro
quasi senza fretta
nessuno immaginava
di andare verso la vendetta.
Ma alla stazione di Bologna
arrivò la notizia in un baleno
“Notizia di emergenza
agite con urgenza
un pazzo si è lanciato contro il treno!”

Ma intanto corre, corre, corre
la locomotiva
e sibila il vapore
sembra quasi cosa viva
e sembra dire ai contadini curvi
il fischio che si spande in aria
“Fratello non temere
ché corro al mio dovere
Trionfi la giustizia proletaria!”

E intanto corre corre corre
sempre più forte
e corre, corre, corre, corre
verso la morte
e niente ormai può trattenere
l’immensa forza distruttrice
aspetta sol lo schianto
e poi che giunga il manto
della grande consolatrice.

La storia ci racconta
come finì la corsa
la macchina deviata
lungo una linea morta.
Con l’ultimo suo grido d’animale
la macchina eruttò lapilli e lava
esplose contro il cielo
poi il fumo sparse il velo
lo raccolsero che ancora respirava.

Ma a noi piace pensarlo
ancora dietro al motore
mentre fa correr via
la macchina a vapore
e che ci giunga un giorno
ancora la notizia
di una locomotiva
come una cosa viva
lanciata a bomba contro l’ingiustizia.

RelatedPost

Commenti

commenti

Precedente Colin McRae Rally - forse il più amato Successivo Magistrati - Responsabilità Civile e Ricusazione