Pasolini Filosofo del nostro presente

di Juanne Pili.

Avversario di valori tutt’oggi in voga che lo hanno reso nemico della classe dirigente italiana coi suoi “gerarchi” fin troppo attenti agli umori cattolici. Sono stati trentatré i procedimenti a suo carico per “offese alla religione di Stato e al comune senso del pudore”. Assente dai testi di storia della filosofia, pur essendo il suo pensiero facilmente riconducibile a Gramsci e alla Scuola di Francoforte, ma con una sua originalità. Forse perché era un poeta, un letterato? Lo erano anche Eschilo e Leopardi.

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Secondo Pierpaolo Pasolini non si doveva confondere il progresso con lo sviluppo, quest’ultimo certamente è organico al capitale, ma anche ingenuamente alle masse, che attraverso il consumo ottenevano riscatto sociale, in quanto il benessere si estenderebbe a tutti. Il progresso al contrario dello sviluppo (inteso da chi sostiene la società dei consumi) implica il profitto a tutti i costi – quella che già Aristotele identificava nella “cattiva crematistica” (l’economia come viene intesa oggi) – ovvero una rinuncia al vero senso della virtù inteso come appagamento della necessità, tra gli estremi del troppo poco e dell’eccessivo. Uno sdoganamento che si potrebbe far partire dal pensiero assolutista di Hobbes, che può essere considerato in questi termini, almeno indirettamente, alle origini del pensiero liberale. Il “pensiero unico” e “omologante” denunciato con largo anticipo da Pasolini. Tutto questo per lui non era “progresso”, bensì “sviluppo”.

La vecchia dialettica “signore-servo” che il progresso promette di scardinare riappare così sotto forma di tributo. I precari, gli esodati, i disoccupati d’ogni età, sono tutti intesi come sacrifici necessari alla conservazione del benessere. Pasolini vedeva in atto un vero e proprio genocidio culturale, ed il carnefice era proprio il consumismo. Così, ciò che dovrebbe affrancarci assume attraverso il progresso le sembianze di catene. Il principale veicolo di questa repressione culturale è stato certamente la televisione, che diffondendo i valori borghesi uccide i dialetti e uniforma la società alla lingua nazionale. Il “centralismo della società dei consumi” diviene così più fascista del fascismo stesso. Come dire che Mussolini non riuscì a cambiare gli italiani attorno ad un pensiero unico quanto faranno i nuovi “medium di massa”.

Pasolini svolgerà in questo senso una sorta di “rivoluzione copernicana”, nella misura in cui preferisce i sottoproletari ai proletari, la dove Marx stabiliva il contrario, in quanto non avrebbero potuto sviluppare una coscienza di classe. Il filosofo di Treviri non poteva sapere che il suo proletariato sarebbe stato reso ricattabile dal consumismo. Pasolini arriva quindi a preferire il sottoproletario ignorante (che noi oggi potremmo chiamare analfabeta funzionale) al proletario di cultura media, ch’è sempre veicolo di corruzione, fatta eccezione per i casi in cui si arriva ad alti livelli intellettuali. Cosa che può suonarci incomprensibile anche oggi, se non proviamo a interpretarlo come un bisogno di tornare ad incantare un mondo sempre più meccanicistico e disumanizzante. Le sue “eresie” non finiscono qui. Grande “scandalo” fecero anche le sue provocazioni riguardo i “figli di papà” del ‘68 (solo oggi sappiamo che tra quei ragazzi c’erano anche i Giuliano Ferrara) – preferendo i poliziotti, “figli di poveri”. Vede già un distacco tra quelli che saranno la crema della attuale classe dirigente e le masse di “precari” e “disoccupati”. Ciò che forse non vede è la guerra tra poveri ed il razzismo di ritorno che proprio l’analfabetismo funzionale e la mancanza di potere contrattuale favorisce, cosa che invece Marx tenne in conto (pur con termini e concetti diversi). Un’altra provocazione interessante è la sua definizione di “Anarchia”.

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«Nulla è più anarchico del potere. Il potere fa praticamente ciò che vuole, e ciò che il potere vuole è completamente arbitrario, o dettatogli da sue necessità di carattere economico che sfuggono alla logica comune. Io detesto soprattutto il potere di oggi. Ognuno odia il potere che subisce, quindi odio con particolare veemenza il potere di questi giorni. E’ un potere che manipola i corpi in un modo orribile, che non ha niente da invidiare alla manipolazione fatta da Himmler o da Hitler. Li manipola trasformandone la coscienza, cioè nel modo peggiore, istituendo dei nuovi valori che sono dei valori alienanti e falsi, i valori del consumo, che compiono quello che Marx chiama un genocidio delle culture viventi, reali, precedenti».

Essere poeti, saper giocare con le parole, evidentemente non sempre è d’aiuto. La sua non voleva essere una definizione di “Anarchia” ma la constatazione di quanto spiegato a monte: Continua ad esistere una dialettica “signore-servo”, proprio nel senso colto da Marx, mutuandolo dall’idealismo di Hegel. Infine, la sua contrarietà all’aborto va letta sempre dentro questi meccanismi di potere. Tutt’oggi per una donna essere incinta può costare il posto di lavoro e se sei un campione sportivo, poco importa se evadi il fisco, puoi fare quel che ti pare: la tua fama ed il sistema che la garantisce te lo permettono.

In conclusione mi chiedo se sul serio interessi oggi capire sul davvero il pensiero di Pasolini, ancora oggi molto più oscuro di quanto si possa credere, non di meno, dettato da una logica e da una preparazione di fondo. Non è una mera elencazione di opinioni “casualmente” coincidenti con la realtà odierna. La predittività delle affermazioni di Pasolini si deve alla sua preparazione filosofica. Conclusioni logiche di una critica ben precisa ad un sistema che allora esisteva solo nella sua testa e di pochi altri intellettuali, per lo più marxisti. Un sistema che oggi è nei titoli dei nostri giornali. Compreso quel che non ho sentito nei medium di massa che in questi giorni lo ricordano:

Il dissolvimento sistematico della dialettica “destra-sinistra”; che proprio lui – in uno dei suoi editoriali, raccolti in “Scritti Corsari” – denuncia, è una conseguenza dell’espansione del pensiero unico, omologante. Detta alla Luttazzi: “dire che non esiste né destra né sinistra è un pensiero di destra”. C’è anche qualcosa che Pasolini non ha visto: Lo sfruttamento dell’innocenza e dell’ignoranza – facendo dell’informazione stessa un bene di consumo – aizzando le masse contro immigrati, scie chimiche e il “costume” di non sparare a bruciapelo qualcuno, per quanto ladro, magari alle spalle mentre sta scappando. Questo perché tutto sommato la cultura ci rende giudici di fronte al tribunale della realtà, laddove l’ignoranza oltre che innocenti ci rende anche come bimbi di fronte alla maestra. Kant docet. Del resto, si sa, non si può essere perfetti.

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