Paradossi – Ecco Come Risolverli

di Juanne Pili.

È poco noto, ma i paradossi che ci hanno insegnato a scuola sono stati già risolti da tempo, il loro studio e disvelamento sono stati importanti nello sviluppo del pensiero, tanto nelle scienze quanto nella filosofia.

paradosso

Il paradosso del mentitore è quanto di più stimolante ci sia stato nella ricerca di un metodo logico del filosofare, esso poneva dei problemi che non potevano essere liquidati come giochi intellettuali. Nella versione di Epimenide «i cretesi sono bugiardi» esso non può venire inteso come un paradosso. Almeno un cretese deve pur dire la verità, magari proprio Epimenide. Nella forma di Eubulide invece assume proprio i connotati che ci interessano «io sto mentendo».

Abbiamo l’occasione per introdurre due concetti: quello di aporia (problema che fa sorgere due soluzioni possibili, entrambe indimostrabili, come nella frase di Epimenide) e quello di antinomia (due soluzioni possibili ed entrambe dimostrabili, come nella frase di Eubulide). Antinomie ed aporie implicano la contraddizione e quindi suggeriscono l’utilizzo del metodo dialettico per risolverla. Come oggi sappiamo, la soluzione del paradosso del mentitore sta nella differenza tra linguaggio e metalinguaggio. In sostanza un metalinguaggio può essere la grammatica, ovvero un linguaggio con cui spieghiamo un altro. Per esempio l’insegnamento della lingua inglese comporta un metalinguaggio, mentre parlare in inglese è un linguaggio. Ovvio quindi che il paradosso del mentitore mischiando entrambi i livelli si risolve essere una frase scorretta. Nulla più. Ecco quindi l’importanza del saper cogliere antinomie e aporie nei ragionamenti. Grelling nel 1908 inventa una divisione degli aggettivi in due insiemi: autologici (che si riferiscono a sé stessi; per es. “corto” è autologico, supponendo che cinque lettere formino una parola corta) ed eterologici (che non si riferiscono a sé stessi; per es. “lungo” è sempre di cinque lettere, quindi è corto ma esprime un qualcosa di lungo).

Ebbene i logici moderni riscoprono un paradosso implicito in questa sistematizzazione, che era già stato previsto da Aristotele. Infatti “eterologico” è un aggettivo che si riferisce a sé stesso oppure no? Da questa antinomia deriviamo lo stesso errore di ragionamento del mentitore. Ecco quindi che autologico ed eterologico non possono essere degli aggettivi, bensì meta-aggettivi. Starebbero ad un livello superiore. Bateson nel 1972 fonda sul mentitore le psicopatologie, definendo ebefrenia un problema legato ad una fissazione sul linguaggio. Potrebbe essere il caso di quelli che non hanno senso dell’umorismo, infatti non colgono il doppio senso di una frase. Se gli si dice “vaffanculo” capiscono che devono andare a farsi sodomizzare. Il caso opposto sarebbe la paranoia, ovvero una fissazione sul metalinguaggio. I paranoici infatti vedono sempre un significato esoterico nelle cose, anche quando non è necessario. E’ il caso di molti sostenitori delle teorie di complotto, per esempio. Una scia nel cielo non può spiegarsi come traccia di condensa nel cielo, deve per forza trattarsi di un complotto internazionale per avvelenarci, ecc. Ecco quindi la differenza tra l’esser logici e l’esser pato-logici. Su questo aspetto si interrogheranno Cartesio, ma anche più recentemente Foucault e Derrida. La dove si va a carpire il contrario di logos, ovvero hybris. (Termine che indica “prepotenza”, quindi un imporre come regola ciò che viene imposto con la forza, senza fondamento logico). Fino a che punto infatti posso – in linea con Cartesio – sostenere che di certo c’è solo il cogito, dal momento che la follia è implicita in esso e questa contribuisce a distorcere la mia rappresentazione della realtà?

Achille

Un altro paradosso che contribuirà all’evoluzione del pensiero filosofico occidentale è quello formulato da Zenone, molto noto, di Achille e la Tartaruga. Dove si arriva a conclusioni decisamente paradossali. Si evince infatti che non si può partire (ed è ancora più evidente nel paradosso della freccia) perché in ogni istante io sono fermo in diverse posizioni ed una somma infinita di posizioni ferme non è movimento; non si può essere in viaggio, perché devo percorrere infinite metà lungo il percorso; non si può dunque nemmeno arrivare. O meglio, non si potrebbe, perché invece la freccia scoccata parte e chiunque sarebbe in grado di battere una tartaruga in una gara di corsa. I problemi in sintesi sono due: quello della divisione dello spazio all’infinito e quello del regresso all’infinito. Sono entrambi problemi matematici, giacché basta la fisica di Democrito a negarli. Siamo di fronte ad una aporia della fisica classica, visto che Democrito non poteva dimostrare i suoi atomi e nessuno si può mettere a verificare pezzo per pezzo se effettivamente lo spazio è divisibile all’infinito. Sia Socrate che Democrito cercano di risolvere questo problema negando l’infinito ed il regresso all’infinito. La tradizione proseguirà con Platone e Aristotele. Gli Scettici, in particolare Pirrone, Agrippa e Sesto Empirico si basano sui paradossi di Zenone per concludere che niente si può dimostrare e niente si può provare. Per esempio un’ipotesi implica delle definizioni che derivano da altre ipotesi, ecc. I concetti pure, vanno definiti con altri concetti e così all’infinito. Già in Euclide vediamo una possibile soluzione stabilendo degli assiomi, ovvero ipotesi sulle quali siamo tutti d’accordo e delle nozioni primitive, ovvero concetti che nessuno pone in discussione.

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La Teologia e la Scolastica, soprattutto con Avicenna e Tommaso, ereditano il rifiuto del regresso all’infinito da Aristotele. Tommaso evince così le sue cinque prove dell’esistenza di Dio: Deve esserci un ente necessario, perfetto, che costituisce il primo motore dell’universo, il quale è causa prima di tutte le cose, ed infine ci deve essere un fine ultimo. Bisognerà aspettare il XVII secolo, quando Gregorio di San Vincenzo concepisce il calcolo infinitesimale; se io traduco in frazioni il paradosso di Achille e la Tartaruga ottengo:

½ + ¼ + 1/8 … = 1

Procedendo all’infinito la somma sarà sempre minore di 1. Tutto questo sarà alla base dell’analisi matematica di Newton. Quindi gli argomenti di Zenone si dimostrano in sostanza errati. Joshua Royce nel 1899 pone un altro spunto interessante. Supponendo che io abbia una mappa del mio appartamento e la posi nel soggiorno, in quella mappa, ci sarà rappresentata la mappa stessa e dentro quella un’altra mappa. Ebbene, anche proseguendo all’infinito ci sarà sempre un punto che corrisponde esattamente in tutte le mappe, che non si sposta mai. Interessante perché al di là della regressione dei metalinguaggi (per esempio la definizione dei concetti) rimane sempre un punto fisso. Questo punto nel ragionamento può essere inteso come assioma di base.

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