di Juanne Pili.
Manca ormai un mese all’arrivo della missione New Horizons su Plutone. Il 2015 sembra essere l’anno d’oro dei pianeti nani, che fino a prima erano stati considerati molto poco.
Nel mese di marzo, la missione Down è giunta su Cerere, nella fascia degli asteroidi, situata tra Marte e Giove; molto probabilmente vi è presenza di acqua sotto forma di ghiaccio sotto la sua crosta. A luglio, sarà la volta di New Horizons che raggiungerà il limite estremo del Sistema Solare, portandosi fino alla fascia di Kuiper. Le immagini del planetoide che la missione NASA ha già messo a disposizione dei ricercatori suggeriscono che Plutone abbia una calotta polare, anche se non sappiamo ancora se si tratti di acqua allo stato solido. Le foto, scattate nel corso delle ultime settimane e rilasciate il 29 aprile, mostrano Plutone con la sua luna più grande, Caronte. La superficie del pianeta nano è chiazzata di luce e macchie scure, ciascuna delle quali misura centinaia di chilometri. Ma il suo polo rimane brillante, suggerendo che una massa di ghiaccio altamente riflettente possa trovarsi da quelle parti.
L’11 maggio, il telescopio a bordo della New Horizons torna ad attivarsi, osservando Plutone, destinazione che dovrebbe raggiungere il 14 luglio. Di lui sappiamo ancora molto pocco, si suppone che sia ricco di polvere e solcato da dune. Per ridurre al minimo il rischio di incappare nei detriti di Caronte o delle altre lune ancora poco conosciute, gli scienziati condurranno sette sessioni di 45 minuti di osservazione tra l’11 maggio e il primo luglio. Se riscontreranno un potenziale pericolo, il team sarebbe in grado così di correggere la rotta della sonda. Ciò comporterebbe comunque la rinuncia di alcune osservazioni scientifiche, ma sarebbe la differenza tra la vita e la morte per la prima missione spaziale ad aver visitato Plutone.
Secondo i calcoli dei responsabili della missione la probabilità che una particella di polvere colpisca la New Horizons sia di 1 su 10.000. Alle velocità in cui avvengono queste dinamiche, sarebbe sufficiente per dire addio alla missione. D’altro canto, l’unico modo per evitare il rischio sarebbe quello di stare del tutto lontani da Plutone. Insomma, se non si rischia non si combina niente.
Una delle eccentricità più interessanti di Plutone sta nel fatto che è bloccato assieme a tre piccole lune in una danza orbitale reciproca. Si tratta di una scoperta che arricchirà ulteriormente di stimoli la missione.
Si tratta di un ulteriore passo avanti nello studio di Plutone, il quale avrebbe in tutto almeno cinque lune. La più grande, Caronte, ha una massa pari all’11% di Plutone. Potrebbe essersi formata nel corso di una collisione cosmica, miliardi di anni fa. I detriti di tale scontro si sarebbero così fusi, andando a formare altre lune molto più piccole: Styx, Nix, Kerberos e Hydra.
Ora, i ricercatori hanno scoperto che le orbite di Styx, Nix e Hydra si bloccarono gravitazionalmente assieme ad un certo punto della loro storia. Questo sistema, noto come una risonanza a tre corpi, rimane stabile nel tempo. Si tratta di un fenomeno molto simile alla risonanza Laplace che lega le lune di Giove, Io, Europa e Ganimede.
Per Saperne di più…
Se avete un inglese di base potete approfondire attraverso il documentario liberamente fruibile su YouTube, The Year of Pluto, che ripercorre la storia degli studi sul pianeta nano, a partire dal 1930, con la sua scoperta da parte del ragazzo di campagna Clyde Tombaugh. Il film poi addentra attraverso le grandi scoperte passaggi attraverso le grandi scoperte su Plutone, fino ai ghiacci che rivestono la superficie; senza dimenticare Caronte.
Plutone è membro di spicco di un club esclusivo, costituito da inquietanti palle di ghiaccio: La Fascia di Kuiper. Tra i suoi membri Haumea, Makemake ed Eris. Sono stati pubblicati anche tre studi importanti, sempre in inglese: The Case For Pluto, di Alan Boyle; Out Of Darkness, di Clyde W. Tombaugh; Pluto and Charon, di Alan Stern e Jacqueline Mitton.
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