Monza – il decano della F1

di Igor Carta

L’autodromo di Monza è uno di quelli che hanno fatto la storia della F1, ma pare sia in pericolo

F1

Non si può descrivere la F1 senza parlare mai, nemmeno per sbaglio del mitico autodromo di Monza, uno dei più antichi, insieme a Montecarlo, Spa e Silverstone e più ricchi di storia, l’unico vero tempio della velocità sopravvissuto alle sempre più stringenti norme di sicurezza ed ambientaliste, ed anche per via della sua conformazione unica, tra quelli in cui venne pagato il più alto tributo di sangue, tra i piloti tra gli spettatori e tra i commissari di percorso. Fu proprio uno di loro l’ultimo a pagare il prezzo più alto, Paolo Gislimberti, addetto antincendio della CEA colpito in pieno da una ruota staccatasi dalla Jordan di Heinz Harald Frentzen, a causa di una collisione multipla alla variante della Roggia durante il Gp d’Italia del 2000. Nell’arco di tutta la sua carriera, i lavori per la costruzione iniziarono nel 1922 e seguirono il progetto dell’architetto Alfredo Rosselli, Monza ha più volte subito interventi atti a limitarne l’estrema pericolosità.

circuito

Fino al 1961 venne utilizzata la configurazione più lunga, circuito classico, ovvero quello attuale a cui in seguito vennero aggiunte le diverse varianti, più l’anello di alta velocità, oggi utilizzato solo per rievocazioni storiche, consuetudine interrotta a causa del terribile incidente avvenuto durante il Gp d’Italia di F1; durante il primo giro la Lotus di Jim Clark e la Ferrari di Wolfgang von Trips entrano in collisione e la vettura del tedesco carambola fuori strada falciando le reti di protezione contro cui erano accalcati numerosi spettatori, ne moriranno 15 oltre al pilota della Ferrari. Sempre a Monza, durante una sessione di test privati trovò la morte, al volante di una Ferrari 750 Sport l’unico pilota italiano, oltre a Nino Farina che si sia fregiato del titolo di campione del mondo di F1, Alberto Ascari, uscito fatalmente di pista in quella che fino ad allora era conosciuta come curva del Vialone, in seguito trasformata in variante. Altre varianti furono aggiunte negli anni ’70 la variante Goodyear sul rettilineo d’arrivo e la variante della Roggia tra le curve Biassono ed il complex di Lesmo, modificato nel raggio e nelle vie di fuga in seguito ad il tragico week end di Imola 1994. Malgrado le modifiche gli eventi cruenti non si fermarono; nel 1970 trovò la morte alla parabolica il pilota austriaco Jochen Rindt, a fine stagione sarà campione del mondo postumo dopo una annata memorabile in cui annichilì la concorrenza. Nel 1973 perirono durante una competizione motociclistica i piloti Enzo Pasolini e Jarno Saarinen, mentre nel 1978 fu il turno del pilota svedese Ronnie Peterson, coinvolto con la sua Lotus in una carambola al via del Gp d’Italia; ricoverato a causa di fratture multiple alle gambe morirà per complicazioni emerse dopo un intervento chirurgico.

Oltre alle morti in pista, limitate dalla sempre maggiore sicurezza, anche ambientalisti e residenti hanno tramato contro il circuito, i primi a causa dell’abbattimento di numerosi alberi necessario all’ampliamento della via di fuga, i secondi per l’insopportabile rumore prodotto dalle vetture. I primi farebbero bene a ricordare che senza l’autodromo il parco della villa reale sarebbe già stato probabilmente lottizzato e trasformato in Milano 4 senza andare troppo lontano, per accontentare i secondi fu sufficiente concertare un calendario, così come viene fatto ad esempio a Phillip Island, circuito australiano famoso per la gara di MotoGp situato a due passi da una zona protetta. Ma il circuito brianzolo non può certo dormire sonni tranquilli grazie anche ai soliti noti, i soldi, infatti lo zio Bernie Ecclestone ha mandato l’esattore, vedremo cosa succederà. Nella peggiore delle ipotesi sarà l’addio per uno dei circuiti più antichi e più blasonati, l’ultimo vero circuito veloce dopo l’amputazione di Hockenheim; certo i punti saranno gli stessi, ma una vittoria a Monza vale certamente di più di una vittoria a Shangai o Sochi.

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