Misteri Italiani – Ustica

di Igor Carta.

Ciò che successe pochi secondi prima delle ore 21 del 27 giugno 1980 lo sappiamo un po’ tutti; un volo di linea della compagnia Itavia con 81 persone a bordo, decollato da Bologna con 123 minuti di ritardo scomparve dai radar mentre sorvolava il tratto di mare tra le isole di Ponza e di Ustica.

rottamiIl mattino dopo sul mare a nord di Ustica, del Douglas DC9 volo IH870 furono rinvenuti solo pochi relitti e le salme di 40 passeggeri, degli altri nessuna traccia. Ciò che successe in seguito è ormai storia, a 35 anni dai fatti si è faticosamente giunti ad una verità giudiziaria, mesi interminabili fatti di udienze, perizie, controperizie, depistaggi, decessi e strani suicidi. Solo negli ultimi tre anni sono iniziate ad apparire le prime significative crepe nel famigerato “Muro di Gomma”.

Il vero spartiacque della vicenda furono sicuramente le rivelazioni del presidente emerito Francesco Cossiga che, nel 2007, prima davanti ai giornalisti Giampiero Marrazzo e Luca Cerasola, poi davanti a dei magistrati, espose la sua verità; il DC9 venne abbattuto da un caccia francese, con un missile destinato ad abbattere un altro aereo su cui viaggiava l’allora leader libico Muammar Gheddafi.

Da allora si sono susseguite numerose sentenze che di fatto confermano l’abbattimento e impongono ai responsabili, ministero dei Trasporti e ministero della Difesa, il milionario risarcimento ai parenti delle vittime per il non aver garantito la sicurezza del volo. Ma esaminando i fatti nel dettaglio, appare che la verità sull’ accaduto emerse già nel novembre del 1980, quando l’esperto del NTSB John Macidull, esaminando il tracciato del radar di Fiumicino, riconobbe in tre distinti plot una tipica manovra di intercettamento da parte di un aereo militare, e concluse che l’aereo fu abbattuto da un missile aria-aria.

tracciatoMalgrado queste risultanze l’Itavia venne posta, ed è ancora, sotto commissariamento, venne accusata di far volare aerei vecchi e con manutenzione carente per risparmiare quattrini. In virtù di questa vergognosa campagna mediatica il ministero dei Trasporti revocò alla compagnia le licenze e già l’anno dopo l’Itavia era solo un ricordo. Il patron, Aldo Davanzali, in seguito alle risultanze di John Macidull dichiarò senza mezzi termini alla stampa che il suo aereo venne abbattuto da un missile, incassando una denuncia per aver divulgato “notizie false e tendenziose”. Solo anni dopo emerse che l’ITIGI, così si chiamava il volo spezzato, era praticamente a “zero ore”, avendo appena superato una minuziosa revisione presso la Douglas.

Venne così “cassato” il primo scenario dell’accaduto, cioè che il velivolo fosse precipitato a causa di un cedimento strutturale. Del resto bastò ascoltare le conversazioni tra i piloti ed i controllori per capire quanto fosse inconsistente tale ipotesi, serata tranquilla, meteo ideale, nessun intoppo a parte l’ampio ritardo, poi alle 20:59 il silenzio. In seguito al ritrovamento delle scatole nere si poterono ascoltare le ultime conversazioni a bordo, tutto regolare, qualche barzelletta sporca, poi quel “gua…”. La questione rimase in ballo fino al 1987, quando su pressione dei parenti delle vittime, riuniti in un comitato, il governo stanziò i fondi per il recupero del relitto, che ancora giaceva ai 3500 metri di profondità della fossa del Tirreno. La campagna di recupero fu in seguito al centro di accese polemiche; la ditta appaltatrice, la francese Ifremer, fu accusata di collusioni con i servizi segreti d’oltralpe, alcuni reperti pare vennero fatti sparire, non vi era certezza che qualcuno, non fosse già passato a “ripulire” quanto dovuto. Primo colpo di scena nel 1990 quando, in aperta polemica con l’allora sottosegretario Giuliano Amato il titolare delle indagini dal 1982, Vittorio Bucarelli, rinuncia all’incarico che viene quindi assunto dal giudice Rosario Priore.

Il Giudice Rosario Priore.
Il Giudice Rosario Priore.

La prima mossa del nuovo magistrato è l’avvio di una seconda campagna di recupero, affidata stavolta all’inglese Winpol, che riporta a galla il 96% dell’aereo, oltre al serbatoio esterno di un aereo americano.

Altre sorprese riserva la documentazione che già Bucarelli provvide a far sequestrare dai vari siti militari coinvolti, aeroporti e centri radar nello specifico. Oltre a riscontrare che numerosi documenti erano andati perduti, distrutti come da prassi dopo diversi anni negli archivi, quelli presenti sono caratterizzati da tagli, strappi, cancellature, ricopiati di sana pianta senza allegare le minute. Assai famoso il caso del diario di bordo della portaerei Saratoga, che quel 27 giugno era in rada nel porto di Napoli, sede della VI flotta USA. Priore si rivolse alla US Navy confidando nel fatto che i suoi radar avessero visto qualcosa, ma gli fu risposto che i radar erano spenti per non interferire sulle trasmissioni televisive in città, mentre nel diario di bordo fu constatato che la pagina del 27 giugno risultava recisa e riscritta dalla stessa mano, in barba alle naturali turnazioni.

In seguito il comandante, l’ammiraglio James Flatley, ammise che i radar erano parzialmente attivi e che registrarono una intensa attività a sud di Napoli. Secondo alcuni riscontri, pubblicati dal quotidiano “Il Giorno”, il personale a bordo al completo e scollegamento della boa telefonica per diverse ore, sarebbe chiaro il coinvolgimento della portaerei nei fatti di Ustica.

Coinvolta a quale titolo verrebbe da chiedersi. Tutti sanno che nella vicenda Ustica sarebbe comprovato il coinvolgimento della Libia, a causa in special modo del ritrovamento, reclamizzato solo il 18 luglio del 1980, di un caccia militare di fabbricazione sovietica, un Mikoyan Gurevic modello 23.

giornaleStando ad una perizia prodotta da una commissione formata da esperti italiani e libici l’aereo aveva livrea e coccarde dell’aviazione libica, e sarebbe precipitato in Calabria, presso l’abitato di Castelsilano, per esaurimento del carburante. Il pilota avrebbe avuto la prontezza di innestare la navigazione automatica poco prima di subire un attacco cardiaco.

Le contraddizioni sul caso del MiG 23 ormai non si contano più. Il corpo del pilota trovato quasi intero ma l’aereo completamente distrutto, nessun segno di eiezione (ti credo, era morto n.d.a.), un’autopsia che diventa un’opinione, il flight data recorder con evidenti manomissioni, elementi dell’relitto sottoposti a prove di scoppio per giustificare qualche buco di troppo e tanto altro.

Ma ciò che davvero lascia perplessi, quasi increduli, è che quel 18 luglio era in corso nel mar Jonio una massiccia esercitazione aeronavale della NATO; questo aereo nemico, potenzialmente ostile, l’avrebbe bypassata senza colpo ferire al pari della stessa difesa aerea italiana. E’ strano, già all’epoca il Mediterraneo era la zona più calda del globo, al pari dell’Ucraina oggi, ed era in corso un grave scontro tra la Libia e Malta, con cui l’Italia aveva appena sottoscritto un trattato economico, per lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio dei banchi di Medina.

Cosa c’entra la Saratoga? Numerosi testimoni riferirono, quella sera sulla costa calabra, di aver assistito a veri e propri duelli aerei, due coniugi, nello specifico, osservarono un aereo sconosciuto inseguito da altri due caccia, biposto, due timoni, due motori.

Si trattò di un missile, mettiamoci l’anima in pace, sul relitto albergano segni inequivocabili anche se l’ipotesi di collisione con un altro velivolo viene ancora contemplata. L’aereo venne colpito nella zona destra appena dietro la cabina di pilotaggio, che si presenta letteralmente “triturata”, mentre sul fianco sinistro fa bella mostra di sé un “buco” con estroflessione delle lamiere di ben 50 cm rispetto alla sagoma originaria. Da quel varco, che causò l’immediata decompressione della cabina, fuoriuscirono il trolley delle bevande ed una decina di passeggeri, ritrovati poi nella stessa zona di mare. Il velivolo a questo punto librò per quasi tre minuti con la struttura aerodinamica integra, ed impattò sul mare in posizione quasi verticale. Ciò è dimostrato dal fatto che, ad esempio, la scala d’accesso anteriore, un pesante oggetto d’acciaio assai voluminoso venne ritrovato adiacente ai motori ed il tutto è stato confermato da uno studio dell’Università Federico II di Napoli nel 2014.

Ma chi armò la mano killer? Negli ultimi tempi, con le risultanze delle analisi dei dati radar fornite dalla NATO, dalle dichiarazioni di Cossiga e numerosi altri riscontri emersi nel corso delle indagini si parlò di una vera e propria “guerra aerea” in corso nel basso Tirreno tra velivoli libici e caccia dell’alleanza atlantica. Una tesi foraggiata soprattutto dal MiG della Sila, dalle bellicose dichiarazioni di Gheddafi e dall’interrogatorio di un radarista di Marsala, che dichiarò ai magistrati che quella sera un volo “vip” diretto da Tripoli a Varsavia virò su Malta dieci minuti prima che il DC9 scomparisse dai radar, ma ci sarebbero diversi elementi su cui discutere: il MiG non era libico, dall’analisi dei dati di immatricolazione non è stato possibile risalire ad una paternità certa, e tanto per capirci, i MiG ce li hanno anche gli americani, come materiale di studio.

Gheddafi parlava, parlava e millantava prove che ancora non si sono viste, al pari delle risposte alle varie rogatorie, attendiamo fiduciosi; riguardo il volo deviato su Malta, c’è effettivamente una traccia, AJ411, che compare con rotta ed orario compatibile, ma non effettua nessuna virata e dagli accertamenti radaristici (perizia Di Natale-Torri) nonché dalle rogatorie internazionali è emerso che si trattava di un volo di linea Brazzaville-Budapest della compagnia Aeroflot.

Inoltre, fermo restando il grande movimento di velivoli in quella zona in quel momento, dai tracciati del radar di Marsala emerse anche altro. Una traccia, denominata AJ450, inizialmente identificata con un riflesso solare o con un pallone sonda, potrebbe invece essere relativa al caccia killer che oltre a lanciare il missile contro la traccia sconosciuta, quella rilevata da John Macidull, operò un inganno elettronico ai danni del radar di Marsala.

Tutto sembrerebbe collimare, c’è l’aereo killer, la vittima designata, entrambe di provenienza ignota, ed il DC9 vittima innocente, ma c’è ancora qualcosa che non quadra: se davvero si trattò di un tragico errore, come mai nasconderlo fino al punto di imbastire depistaggi, suicidi e bufale come mai si vide fino ad oggi? Tutti ricordano infatti un intero collegio peritale, partigiani della bomba a bordo, che oltre ad essere ricusati per aver trasmesso i risultati delle indagini agli imputati si videro rifiutare la superperizia perché affetta da vizi di forma tali da risultare inservibile?

Che dire poi di quel famoso ex legionario secondo cui il DC9 ammarò integro, venne tenuto a galla da una nave da ricerca petrolifera ma venne poi affondato da un “commando” di sub, secondo cui il MiG libico decollò dalla portaerei Kiev e altre diverse amenità talmente inconsistenti dal punto di vista tecnico e giudiziario da fruttargli una denuncia per calunnia.

Perché, se si trattò di un tragico errore, eliminare in maniera assai grossolana due possibili testimoni, Mario Alberto Dettori e Franco Parisi, più un’altra decina di cosiddette “morti sospette”?

piazza bolognaDettori era di servizio presso il radar di Poggio Ballone quella sera, la mattina dopo tornò a casa sconvolto: “ E’ successo un casino, siamo stati ad un passo dalla guerra, vanno in galera tutti quanti” pare disse queste parole ai familiari, cadendo da quel giorno in una spirale di paranoie e manie di persecuzione che cesseranno solo con il suicidio, sospetto, nel 1987. Il suo caposervizio, il capitano Maurizio Gari, morirà già nel 1981 per un presunto infarto all’età di 32 anni. Dalla vicina base di Grosseto erano inoltre decollati su un TF104 gli allora capitani Mario Naldini e Ivo Nutarelli, deceduti poi a Ramstein nel 1988. A loro era legato un altro ufficiale, Giampaolo Totaro, ufficiale medico delle Frecce Tricolori, trovato impiccato alla maniglia di una porta nel 1994. Franco Parisi era invece un radarista in servizio presso il CRAM di Otranto; essendo stato in servizio il 18 luglio 1980, data della caduta del MiG, escusso una prima volta cadde più volte in contraddizione, venne trovato impiccato pochi giorni prima di un nuovo interrogatorio. Vi sono poi il generale Roberto Boemio, nel 1980 comandante del 3°ROC di Martina Franca, ucciso a coltellate a Bruxelles nel 1993 in circostanze poco chiare. Ed il generale Licio Giorgeri, capo del Registro aereo italiano (RAI) assassinato dalle BR nel 1987.

L’ultima grande novità in ordine di tempo è la recente apertura delle autorità francesi, che dopo anni di risposte parziali alle rogatorie dei magistrati italiani ha finalmente avviato una nuova fase che vedrà a breve l’analisi di documenti e l’audizione di militari in servizio presso la base di Solenzara. Novità ancora più significativa visto il diniego di diverse altre nazioni, la Libia non ha mai risposto, mentre il Belgio ha giustificato propria volontà di non collaborare per ragioni di sicurezza nazionale.

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