L’Italia riconosce e disconosce la Palestina

L'Italia riconosce la Palestina, anzi no. 

di Andrìa Pili.

La Camera dei Deputati, oggi, ha approvato due mozioni contraddittorie sul riconoscimento della Palestina come Stato, entrambe approvate dal Governo Renzi e che lo impegnano in due azioni contrastanti.

Renzi meets Netanyahu

La mozione PD-SEL, approvata con 300 voti favorevoli e 45 contrari;

«a continuare a sostenere in ogni sede l’obiettivo della Costituzione di uno Stato palestinese che conviva in pace, sicurezza e prosperità accanto allo stato d’Israele, sulla base del reciproco riconoscimento e con la piena assunzione del reciproco impegno a garantire ai cittadini di vivere in sicurezza al riparo da ogni violenza e da atti di terrorismo – e a – promuovere il riconoscimento della Palestina quale Stato democratico e sovrano entro i confini del 1967 e con Gerusalemme quale capitale condivisa, tenendo pienamente in considerazione le preoccupazioni e gli interessi legittimi dello Stato di Israele»;

La mozione di Area Popolare (UDC-NCD) e Scelta Civica, approvata con 237 voti favorevoli e 84 contrari;

«a promuovere il raggiungimento di un’intesa politica tra il gruppo islamico Hamas e il suo antagonista laico Al-Fatah che, attraverso il riconoscimento dello Stato d’Israele e l’abbandono della violenza determini le condizioni per il riconoscimento di uno Stato palestinese».

Per capire il significato complessivo delle due mozioni basta sentire il parere dell’ambasciatore israeliano a Roma:

«Accogliamo positivamente la scelta del parlamento italiano di non riconoscere lo Stato palestinese e di aver preferito sostenere il negoziato diretto fra Israele e i palestinesi, sulla base del principio dei due Stati, come giusta via per conseguire la pace».

1aInvece, contro i recenti riconoscimenti della Palestina di Gran Bretagna, Irlanda, Svezia, Spagna, Francia, i rappresentanti dell’entità sionista hanno usato parole durissime di condanna. Come dargli torto? Per il principio di non contraddizione, una cosa non può essere e non essere allo stesso tempo: il governo italiano non può impegnarsi a riconoscere e a non riconoscere lo Stato Palestinese e, se dichiara di voler fare entrambe le cose, significa che in realtà lascia immutato il non riconoscimento e l’appoggio allo Stato d’Israele contro i palestinesi.

Il Ministro degli Esteri Gentiloni ed il rappresentante del NCD Cicchitto ci aiutano ancora a comprendere quanto avvenuto oggi; il primo così si esprime:

«C’è il diritto dei palestinesi a un loro Stato e il diritto dello Stato di Israele a vivere in sicurezza di fronte a chi per statuto vorrebbe cancellarne l’esistenza. In questo quadro il governo valuta favorevolmente l’impulso parlamentare a promuovere il riconoscimento di uno Stato palestinese e a fare tutti gli sforzi per riprendere il negoziato tra le parti»;

Il secondo dice che il governo dovrebbe impegnarsi:

«a sostenere la tempestiva ripresa del negoziato diretto fra israeliani e palestinesi, come via maestra per la realizzazione degli accordi di Oslo a promuovere il raggiungimento di un’intesa politica tra Al-Fatah e Hamas che, attraverso il riconoscimento dello Stato di Israele e l’abbandono della violenza, determini le condizioni per il riconoscimento di uno Stato palestinese».

3aLa verità è che la questione del riconoscimento della Palestina è già, di per sé, contraddittori a se non riconosce l’esistenza di una comunità oppressa (gli arabi palestinesi) e di uno Stato oppressore (Israele). La prima mozione – già più timida di quelle approvate recentemente in Europa nei paesi succitati – afferma che gli interessi di Israele sarebbero “legittimi”, come se fosse legittimo lo sfruttamento economico dei palestinesi: la sottrazione di migliaia di ettari di terra, l’ampliamento degli insediamenti ebraici in Cisgiordania, il controllo delle risorse idriche dell’area per dirottarle verso l’agricoltura coloniale, la vendita a caro presso di acqua ed elettricità e prodotti sionisti entro l’assediata Striscia di Gaza, l’utilizzo della Cisgiordania come mercato protetto per le aziende sioniste ed impedire che i palestinesi abbiano una propria politica commerciale. Che senso ha parlare di “pace” e “prosperità” per la Palestina se si vuole, contemporaneamente, garantire la sicura esistenza di uno Stato che è la causa del conflitto e della povertà dei palestinesi? Che senso ha il sostegno alla costituzione di uno Stato palestinese indipendente senza voler abbattere l’oggettiva dipendenza economica causata da Israele?

Riconoscere il diritto dei palestinesi ad un proprio Stato, nell’ambito della teoria dei due popoli-due Stati e nel nome dei fallimentari accordi di Oslo, significa solo riconoscere l’apartheid, dare legittimità ad un bantustan. Se lo Stato italiano volesse sul serio sostenere la lotta di autodeterminazione palestinese condannerebbe Israele, porterebbe avanti una politica di boicottaggio dei prodotti israeliani cercando di convincere tutta l’Unione Europea a farlo – l’Europa assorbe un terzo del commercio sionista – escluderebbe per sempre esercitazioni militari israeliane sul proprio territorio, smetterebbe di vendere armi all’entità sionista.

Insomma, nessun riconoscimento dello Stato palestinese avrà reale valore in favore della Palestina finché non ci si prenderà la responsabilità di schierarsi contro lo Stato d’Israele.

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