di Juanne Pili.
Pare che i Vannoni non esistano solo in Italia, da poco ne è spuntato uno anche in Brasile.
Il Prof. Gilberto Orivaldo Chierice dell’Università di San Paolo, sostiene di aver trovato una sostanza che cura il cancro. Laggiù il sistema giudiziario ha reagito in modo analogo nell’affrontare le bufale mediche. Inizialmente l’Università locale è stata obbligata a somministrare la sedicente cura, fino a quando il Tribunale di San Paolo, rovesciando una ordinanza della Corte Suprema Federale, ha vietato la distribuzione del composto spacciato come cura miracolosa contro il cancro.
La fosfoetanolamina finora uccide le cellule tumorali solo nelle piastre di Petri e sui topi. I farmaci basati su questo principio attivo hanno fallito nella somministrazione umana. Questo non ha fermato alcuni chimici evidentemente convinti del contrario. Ovviamente non mancano i pazienti che sostengono di avere avuto dei recuperi a seguito della somministrazione, che non possono escludere la concomitanza con terapie verificate o con un naturale recupero. Il copione, insomma, dati alcuni accorgimenti, sembra essere sempre lo stesso. L’Università si ribella e nel settembre di quest’anno interrompe la distribuzione – esattamente come hanno fatto molti medici italiani con Stamina – una paziente fa causa all’Università ottenendo dalla Corte Suprema Federale di imporne la somministrazione.
Gli amministratori dell’Università sono stati sommersi così da oltre 800 richieste. La sentenza ignorava del tutto il parere dei medici specialisti, in favore degli interessi di chi produceva il farmaco, esponendo i pazienti ad una non-cura abbandonando quelle reali. Gli avvocati di alcuni pazienti stanno già preparando il ricorso, che ci auguriamo venga respinto, così come ci auguriamo che la ricerca vada avanti trovando il modo di rendere la fosfoetanolamina realmente efficace, ma per arrivare a questo dovrà passare ancora del tempo, che sarebbe più utile spendere nella sperimentazione, piuttosto che nelle aule dei tribunali. I cavilli giuridici non risultano terapeutici, nemmeno sui topi.
© Riproduzione Riservata