Jarhead – la guerra del Golfo

di Igor Carta

Jarhead, film di Sam Mendes del 2005, la prima guerra del golfo vista con gli occhi, ma soprattutto con i sentimenti ed i pensieri di un marine reduce

jarhead

Proprio 10 anni fa usciva nelle sale Jarhead, uno dei pochi film che fino ad ora abbia trattato il tema della prima Guerra del Golfo del 1991 e unico tra i pochi la vicenda della “autostrada della morte“. Tratto dalla biografia di un reduce, Anthony Swofford, e pur essendo diretto da un regista di grido come Sam Mendes, già autore di “American Beauty” e “Era mio padre” e con un cast di gran rispetto che vide in prima linea Jake Gyllenhaal, già famoso per i suoi ruoli in “Donnie Darko“, “I segreti di Brokeback Mountain” e “The Day After Tomorrow“, e Jamie Foxx, fresco premio Oscar come miglior attore protagonista nel film “Ray” , non è diventato un cult del genere militaresco come già accaduto per “Platoon” o “La sottile Linea Rossa“; qualcuno vi ha rinvenuto troppi riferimenti al celebre “Full Metal Jacket” di Stanley Kubrick, ed hanno inoltre trovato la pellicola troppo didascalica. Non un film di guerra ma un film sulla guerra, una guerra strana, in cui ciò che logora i marines non è la continua paura delle imboscate nemiche come avveniva in Vietnam, ma la perenne attesa di uno scontro che non arriverà mai, gli unici momenti di fuoco sono un breve scambio di artiglieria ed un caso di “fuoco amico”, ormai un classico dei conflitti moderni. Una guerra vinta dall’aviazione senza che la fanteria sparasse un solo colpo…così sembra a vedere il film ma la realtà fu ben diversa, furono numerosi gli scontri che coinvolsero sia le unità corazzate che la fanteria della coalizione, composte da reparti francesi, statunitensi, britannici e sauditi, che beneficiarono oltre che della totale superiorità aerea anche di quella numerica e tecnologica.

 

 

 La scelta di non far vedere nulla, a parte la solita immagine di Baghdad all’infrarosso, i pozzi petroliferi in fiamme e prigionieri di guerra iracheni, fu una precisa e azzeccata scelta dei diversi stati maggiori che portò l’opinione pubblica a ritenere l’intera operazione poco più di una passeggiata, furono invece numerosi i casi oscuri sollevati ma presto finiti nell’oblio, come la già citata autostrada della morte, la sindrome del Golfo ed il caso del bunker Al Amirya di Baghdad, bombardato perché ritenuto un importante centro di comando che in realtà era pieno di civili, quasi tutti donne, vecchi e bambini, nell’attacco al bunker del 13 febbraio 1991 perirono 408 persone. Vale la pena vederlo? Certamente sì, gli appassionati del cinema di guerra e d’azione rimarranno probabilmente delusi da questa pellicola un po’ Full Metal Jacket ed un po’ Deserto dei Tartari, ma come già spiegato è un film che prende maggiormente in considerazione l’aspetto psicologico del conflitto e vede, caso quasi inedito, la presenza di un soldato, Kruger, interpretato da Lukas Black, che semina il dubbio nelle menti dei propri compagni, figura che va ben oltre il simbolo della pace sfoggiato dal soldato Joker di Kubrick; Kruger li invita infatti a riflettere a trovare nella politica la vera motivazione della loro presenza al fronte. Il film è comunque ricco del tipico umorismo militare, impagabile la scena della partita di football giocata con maschera antigas e indumento NBC. Bellissimo il finale con le note di Soldier’s Thing di Tom Waits, voto 4 stelle.

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