Il cordone ombelicale della civiltà – Storia dell’Energia

di Juanne Pili.

Società e Natura formano una totalità indissolubile, nella quale la natura è oggetto del processo del lavoro. L’Energia ne è il collante.

società_naturaQuesta totalità società-natura, in tempi remoti molto più sentita, si è perduta progressivamente nei nostri stili di vita. Eppure non se ne può prescindere; senza la natura non potremmo esistere, anche il sistema economico e tecnologico, che continua a compiere balzi enormi, che ci allontanano dalla realtà naturale, non può che radicarsi in una sorta di materialismo energetico: l’energia è il cordone ombelicale che ci tiene legati alla natura. Non può essere reciso se vogliamo restare al Mondo. Tutta la nostra storia può quindi essere narrata attraverso i modi in cui le civiltà si sono rifornite di energia.

L’uso eccessivo delle steppe in Asia Centrale spiega i secolari flussi migratori in Europa, come i disboscamenti causano il passaggio allo sfruttamento massiccio delle miniere di carbone e alla macchina a vapore. Ogni crisi energetica porta ad un ripensamento del modello sociale ed economico.

Tutto ruota attorno alle tre leggi della termodinamica. Ad esse sono soggette le dinamiche ecologiche, quindi anche sociali ed economiche:

1. Nulla si crea né si distrugge, tutto si trasforma; ogni epoca storica è caratterizzata dai suoi convertitori di energia.

2. Esiste una energia potenziale contenuta nelle fonti, siano esse fossili o biologiche; l’energia cinetica è quella che si riesce ad impiegare produttivamente, ma ogni convertitore (organismo biologico o tecnologia che consuma energia) ha un rendimento e la percentuale di rendimento ci spiega anche quanta energia viene dissipata nel processo.

termodinamica

3. Infine l’entropia è la tensione naturale al caos, che porta al logorio, all’inevitabile consumo. «Con meno di 1500 calorie al giorno, la sostanza della macchina umana si degrada. In condizioni normali, il rendimento del convertitore umano è di circa il 20%». Fin qui intendiamo l’energia endosomatica, mentre un operaio nel lavoro spende energia esosomatica. Il cavallo ha un rendimento del 10%, il bue ancora meno; sono “mezzi di lusso”, che spiegano come mai è esistita per così tanti millenni la schiavitù. L’impiego sempre più massiccio dell’energia esosomatica – ad alto rendimento – ha permesso l’abolizione della schiavitù, solo in quanto obsoleta; la “rivalità uomo-macchina”, tra operaio e macchinario portano ad una concorrenza tra lavoratori. In quest’ottica possiamo rendere meglio l’idea parlando di surplus energetico del lavoratore, accumulato sotto forma di capitale. Ed infine l’effetto entropico si traduce in masse di disoccupati e precari.

La storia dell’umanità è un succedersi di convertitori energetici il cui surplus viene accumulato da chi controlla la filiera che dalla fonte porta al prodotto. Vi è sempre un momento socio-economico ed un momento eco-tecnologico che concorrono assieme, ad un certo punto, al mutamento del sistema energetico verso un nuovo modo di produzione. In tutto questo la crisi non è una eccezione, bensì la regola. Fa parte integrante dell’evoluzione, anima inconfutabile di tutti i sistemi ecologici.

«Un sistema energetico è dunque una struttura di mobilitazione e appropriazione dei surpluss prodotti dalla creazione, per fini produttivi, di effetti energetici, immediati o differiti, dei cicli o fenomeni naturali». – Cfr. la bibliografia in fondo al post*.

Che ogni rendita sia fondamentalmente energetica è un concetto per niente inedito, sviluppato sia dai fisiocratici che da Marx e dallo stesso Adam Smith.

L’Energia accende la Civiltà


Gli storici fanno risalire la fine della preistoria con la comparsa dei primi documenti scritti. Mentre se la mettiamo sul piano dell’energia la data va anticipata parecchio, con la scoperta del fuoco.

fuocoCoi moderni strumenti a disposizione dei ricercatori, anche ciò che non è scritto può dirci parecchio, forse anche più di quanto direbbe un documento ispirato e limitato dall’opportunismo dell’autore o dei testimoni. Dunque, a nostro avviso, andrebbe ripensato il modello ufficiale di datazione.

Fin dalla Glaciazione di Mindel, 500.000 AF (Anni Fa) il legno è la fonte di energia per eccellenza. Non sappiamo chi scoprì il fuoco, ma fu certamente il primo uomo a scoprire l’energia, ovvero, accese la storia. Di questa scoperta è rimasta traccia nell’inconscio collettivo; si vedano i miti dell’Araba Fenice e di Nerone che suona l’arpa godendosi Roma in fiamme. Eraclito pone il fuoco come arché di tutte le cose e da qui sviluppa la sua dialettica del divenire. L’uomo riunito attorno al focolare – magari dentro una grotta – crea nuovi legami sociali, dipinge sulle pareti, crea riti, sviluppa i miti e cerca di dare un senso alla sua esistenza; nasce la religione, l’organizzazione delle attività tribali. Chi ha inventato il fuoco, ha permesso la nascita della cultura. Probabilmente non si trattò di un Edison ma di un Meucci, infatti molti Bell gli fregarono la scoperta. Sul finire della Glaciazione di Wurm, 35.000 AF compare per la prima volta l’ Homo Sapiens Sapiens; un convertitore esosomatico vero e proprio. Il suo ciclo economico conosce quattro fasi: sussistenza, consumo, energia umana, preda. Vi è in tutto il mondo una bassa densità di popolazione, si vive a contatto diretto con la terra che elargisce le fonti di sostentamento dei primi cacciatori-raccoglitori. Questo modello è sostenibile solo con gruppi formati da pochi elementi, massimo alcune decine di unità.

«Meccanismi dominanti della riproduzione di questi gruppi furono probabilmente la circolazione e lo scambio degli adulti dei due sessi tra orde diverse e, forse … varie forme di gerontocidio e infanticidio».

Prima della rivoluzione neolitica l’uomo aveva una scarsa resa energetica. Spendeva tutta la giornata faticando per portare a casa le calorie sufficienti per mantenere il suo equilibrio endosomatico. L’uccisone di neonati ed anziani arriva ad essere ritualizzato e si svilupperà poi nelle varie forme di cannibalismo e sacrifici umani nelle future civiltà; questo si spiega col fatto che non si produce alcun accumulo energetico, anzi i bisogni del gruppo devono tenersi ad un livello ottimale. Con le prime forme di allevamento e agricolutra si sviluppa una filiera energetica che parte dai bacini idrici; le grandi civilta egizia e mesopotamica devono tutto ai loro fiumi.

neolitico

Sostanzialmente il ciclo economico parte dall’energia biologica grezza, la filiera parte dal controllo dei convertitori biologici, (le terre e i pascoli) passa per il trasporto e lo stoccaggio nei primi magazzini, e finisce nelle cucine con la preparazione degli alimenti (pane, latticini in primis) una parte dell’energia viene metabolizzata per soddisfare il fabbisogno endosomatico, ma rimane finalmente un surplus energetico accumulato nei magazzini per i periodi di magra ma anche per essere scambiato. Con la crescita della produzione cresce anche la popolazione, facendo la differenza tra “barbari” e “selvaggi”. Il neolitico finisce con la comparsa delle prime città stato attorno ai grandi fiumi: Nilo, Tigri, Eufrate, Indo, eccetera; la filiera necessita infatti una organizzazione, che con l’aumento della popolazione deve essere controllata da un sistema verticistico, che finisce sotto il controllo di guerrieri (eredi dei cacciatori) e sacerdoti (eredi del sapere tribale; ritualizzano e mitizzano i cicli naturali utili ai contadini). Ovvero, i più forti e i più colti prendono il controllo della filiera. L’eccedenza di energia alimentare accumulata nei magazzini permette la diversificazione in classi sociali. L’importanza del traino animale porta all’invenzione della ruota, serve soprattutto a militari e mercanti, non certo per il trasporto di generi alimentari, in quanto il carro trainato dai buoi è ancora un mezzo molto costoso, destinato ai beni di lusso. Il trasporto fluviale è il più diffuso e a buon prezzo. Durante il II millennio i trasporti raggiungono il mare, si sviluppa una attività marittima specializzata; in questo periodo si creano rivalità importanti tra civiltà costiere e continentali.

L’Energia in età Classica


La deforestazione di ampie aree, porta ad una crisi energetica per carenza di legname, la quale genera i grandi flussi migratori; non solo da parte dei cosiddetti “barbari”.

ingegneria_romana

I greci inaugurano la colonizzazione del mediterraneo assieme ai fenici, che vivono anch’essi in una fascia di terra ristretta, dove il legname finisce presto. Le grandi innovazioni meccaniche e la loro diffusione attraverso l’ellenismo non danno vita ad una “rivoluzione industriale” per un motivo molto semplice: gli schiavi sono un ottimo convertitore energetico ed il legname continua ad essere il combustibile per eccellenza, per trovarne altro basta investirne una quota in navi e partire alla ricerca di nuove terre. Vite, puleggia, ruote dentate, ingranaggi; sono tutte invenzioni portate in giro dall’ellenismo che poi i romani svilupperanno al meglio. La principale industria è quella dell’olio e del vino. Segno di un accumulo di beni di sussistenza.

I romani sviluppano per la prima volta un sistema efficiente di strade, il che permette un controllo delle masse agricole dove gli schiavi continuano ad essere impiegati in modo massiccio, va ricordato infatti che la riduzione in schiavitù era parte integrante del profitto di guerra. In realtà è ancora presto per parlare di “profitto”:

«Una società che dispone di una fonte di energia della quale non deve coprire i costi di riproduzione, ma che si fa solamente carico del suo mantenimento – non si tratta nemmeno del minimo biologico strettamente necessario – non è stimolata a produrre di più … fondamentalmente, per quanto riguarda l’energia meccanica … i prigionieri di guerra … ne furono la riserva principale; per tanto, nessuna nuova macchina energetica conobbe una larga diffusione».

L’economia predatoria dell’impero romano ed il suo conseguente declino (meno schiavi, più popoli che premono alle frontiere, spesa pubblica insostenibile, eccetera) devono farci da monito, ma ci rivelano anche un altro particolare di non poco conto: il sistema capitalista così come tutti gli altri sistemi precedenti sono la conseguenza del tipo di filiera energetica impiegato. La rivoluzione industriale è una rivoluzione energetica, che come le precedenti, porta ad un nuovo modo economico. Si può ragionare in senso evoluzionista – non si entra affatto in contraddizione – infatti l’evoluzionismo non ha un fine a priori (il profitto, il consumismo, la globalizzazione, ecc.) esso parla di situazioni che interagiscono con dei soggetti, le cui mutazioni sono condizionate e nel caso dell’uomo condizionano a sua volta l’ambiente.

L’Energia nel Medioevo


Possiamo distinguere tre fasi all’interno di questo millennio: l’appropriazione delle filiere dal XI al XII secolo; la liberazione delle stesse nel XIII; infine la  scarsità e l’alto costo delle fonti di energia. Se vogliamo, sono fasi costanti di ogni modo economico, dal paleolitico ad oggi.

mulino ad acquaDurante il IX secolo il crollo dei quadri sociali antichi e l’aumento della popolazione vanno di pari passo con l’aumento degli spazi coltivati che avanzano a discapito delle foreste. L’introduzione del ferro negli strumenti agricoli e la rotazione triennale delle colture aumenta la produttività. Così nel X secolo abbiamo un surplus di cereali che rende l’allevamento di buoi, ma soprattutto dei cavalli, meno costoso. Inoltre viene inventato un sistema di aggiogaggio migliore, che aumenta la resa degli animali da traino, impiegati come forze motrici nei campi. Infine assistiamo ad un boom dei mulini ad acqua, indispensabili per la macinazione dei cereali e non solo.

Dall’XI al XIII secolo sarà la rivoluzione dei mulini il grande volano economico del medioevo; nobiltà e clero organizzano i grandi dissodamenti e sono loro a costruirli percependo tasse per la macinazione e per l’uso dei fiumi. Ne esistono di tre tipi: con acqua che scorre dal basso (resa del 20%); con acqua dall’alto (resa del 70%); con acqua che scorre di lato (resa dal 40 al 60%). Ogni mulino può avere la forza di 10 – 20 persone; proliferarono in tutta Europa e sono funzionali al sistema feudale. Se il contadino vuole ricavare farina dal suo grano, deve usarli. Esistono delle eccezioni comunitarie in Catalogna, Lombardia, Tolosa e Provenza. La massa pigra preferisce le “regalie”, che poi si rivelano essere catene schiavili rieditate. «In effetti, se il mulino aumenta la produttività del lavoro nel suo settore e nella società in generale, nel contempo è anche un mezzo di sfruttamento del contadino da parte del signore». Finché non arrivarono i mulini a vento.

mulino a ventoVennero introdotti inizialmente come tecnologia di appoggio quando i fiumi cominciarono ad essere saturi. Persino l’energia idrica ha una sua curva di rendimento. Provenivano dall’Oriente. Arrivarono non prima del 1180 nel Cotentin. Solo più tardi raggiunsero le Fiandre.

Il successo del mulino a vento si lega alle prime rivolte contadine contro i sopprusi dei feudatari: «Il suolo, le foreste, le acque, sono proprietà fondiarie del signore. Ma a chi appartengono l’aria e il vento?». I mulini ad acqua erano ormai troppi, i fiumi ne erano zeppi, con evidenti abbassamenti della portata delle acque per ognuno; molti di questi venivano convertiti in altre attività e nelle rinate città cominciò a salire la domanda di cereali. I Comuni Medievali crearono l’esigenza di nuove filiere, proliferarono le fonderie e la deforestazione proseguiva spedita. L’accumulazione feudale e la “ribellione dei mulini a vento”, che segnava la nascita delle prime forme di borghesia, segnano i primi passi della concentrazione capitalistica.

«Costi energetici dei trasporti troppo elevati … le concentrazioni urbane … non possono contare, per i loro consumi energetici, su aree di produzione il cui raggio oltrepassi alcune decine di chilometri: al di là di tanto, il trasporto rischia di assorbire il surplus energetico prodotto».

Dopo la Guerra dei Cent’Anni il cavallo diviene, con la ferratura e nuovi finimenti, conveniente per i trasporti.

L’Energia dall’Età Moderna ad Oggi


Il medioevo finisce con una crisi in cui il divario tra popolazione e risorse rompe il sistema.

Cominciano le grandi esplorazioni, si colonizzano nuovi mondi e nasce il capitalismo, che;

«Rappresenta una rottura radicale con tutti i sistemi energetici che l’umanità aveva conosciuto fino ad allora. Con il suo avvento cessa il primato delle energie biologiche e s’instaura quello delle energie fossili».

Come in tutti i periodi di crisi energetica si cerca di far rendere di più le tecnologie esistenti, se ne creano nuove, vengono sconvolte e riorganizzate le filiere. Quindi l’intera società.

Dalla fine del XV secolo al XIX c’è un fisiologico indebolimento del sistema feudale. Una evoluzione dello sfruttamento agricolo non basta, occorre che si formino anche delle attività proto-industriali; altrimenti l’aumento correlato di popolazione, di per sé, non permette che si crei un surplus di energia. La proto-industrializzazione, che prepara il terreno alla rivoluzione industriale vera e propria si sviluppa attraverso l’accumulazione rurale e quella mercantile; la forza lavoro contadina in eccesso permette il fiorire di nuove industrie: filatoi, telai, legno, carta, eccetera.

rivoluzione industriale

Dal XVII al XVIII le industrie si trovano per lo più in zone isolate dai centri urbani, nei boschi e nei fiumi, dove l’agricoltura non attecchiva. Del resto i suoli che non si prestavano all’agricoltura erano funzionali a certi opifici: quelli siderolitici per le fucine; quelli sabbiosi per le vetrerie; le argille pesanti per le ceramiche ed il vasellame. «La proto-industrializzazione si presenta in effetti come una vasta impresa di “destoccaggio” delle riserve forestali». Le foreste vengono ritenute una “fonte inesauribile” di energia. Ciò che spinge a produrre, fin dal XVI secolo, sono i nuovi mercati che il commercio coloniale apre. «Con il convertitore-nave a vela, il commercio diventa … l’attività che utilizza le maggiori potenze disponibili». È proprio il trasporto marittimo della marina inglese a dare origine allo sviluppo. Il trasporto a vela ha costi relativamente ridotti rispetto alla rendita energetica. Tant’è vero che ci si comincia ad associare per raccogliere i fondi della costruzione di navi: le prime forme di SPA. Già si nota come i coloni americani preferissero il carbone inglese al legname di casa loro. Il legno cominciava a diventare un bene di lusso.

Entriamo così nella crisi del legname in un periodo che va dal 1530 al 1700. Aumentano i prezzi e anche la popolazione. Le miniere di carbone vengono sfruttate al massimo e si affaccia una nuova tecnologia; la macchina a vapore. «Non si sottolinea mai abbastanza il fatto che lo sviluppo del macchinismo e l’avvento della grande industria si sono attuati, inizialmente, a partire dagli antichi convertitori, il cui miglioramento rese possibili rendimenti più elevati. È soprattutto alla forza idraulica e non alla macchina a vapore che sono dovuti, nell’industria tessile, volumi di produzione fino ad allora ignorati».

macchina_vaporeAbbiamo la filatrice di John Watt del 1735, trainata da asini e la tessitrice di Cartwright del 1785, trainata da cavalli; tutto questo durante il boom del cotone, dal 1760 al 1787. Newcomen sarà il primo a utilizzare il vapore e Watt, tra il 1765 ed il 1784, perfeziona la sua macchina. Occorreva a questo punto affrontare due ostacoli che si ponevano di fronte alla spinta verso l’accumulo: l’organizzazione della forza lavoro e l’ incapacità da parte dei mulini di aumentare la loro potenza in ragione della domanda. È qui che la macchina a vapore assume un senso.

Ormai è troppo tardi per tornare indietro; il passaggio illustrato già da Marx nel primo libro de il Capitale era stato già innescato nel XVI secolo. In sintesi, dalla merce come mezzo per ottenere uno scambio con altra merce, usando una “ moneta-merce” come mezzo; si arriva ad una sorta di slittamento del ciclo economico, dove la moneta diviene un mezzo attraverso la produzione per accumulare altra moneta. Il capitalismo in somma. Una delle innovazioni di questo nuovo modo di produzione è la dissociazione spaziale tra convertitore e fonte di energia; questo permette l’aumento della produzione e l’abbassamento dei costi.

Importante sottolineare il fatto che questi cambiamenti sono sempre regionali; oggi per esempio la rivoluzione delle energie rinnovabili sta attecchendo nei paesi scandinavi ed in Danimarca.

locomotivaCi sono delle difficoltà nel continente europeo, rispetto all’Inghilterra, ricca di miniere.Certo il legno almeno galleggia, ed è possibile trasportarlo affidandolo alla corrente dei fiumi; le autostrade preindustriali. Le ferrovie nascono e si sviluppano a partire dalla macchina a vapore proprio per risolvere questi problemi. In questo caso non si ha solo un alto rendimento nei costi, ma anche nel tempo dei trasporti. Anche in questo caso, come coi mulini a vento, il vapore comincia come energia di supporto. Proprio come oggi fotovoltaico ed eolico, con la rete tradizionale. Emblematico il fatto che in paesi come l’Italia si parla di centrali idriche; idrici erano anche i mulini che dominavano le filiere. L’acqua inoltre ci appare come fonte strategica. Una costante in tutti questi 5000 anni di civiltà. Si può fare un’altra analogia tra carbone-petrolio e vapore-fotovoltaico/eolico/vettore idrogeno.

La rivoluzione industriale è anche l’età delle reti di distribuzione. D’ora in poi lo sviluppo delle forme di energia dipenderà dalla loro capacità di essere trasportate.

«Le grandi reti energetiche … configurano un nuovo mercato dell’energia e sono fondate su sistemi tecnici esportatori di attività motrici e generatori di bisogni nuovi. Si è così costruito il primato della produzione sulla domanda, caratteristica del sistema energetico capitalistico».

Dal 1836 al 1840 nascono le prime compagnie ferroviarie e di navi a vapore. E’ anche possibile l’inizio dell’imperialismo moderno. Radice dell’attuale globalizzazione. Si può parlare di “rendita carbonifera”; la Mining Association of Great Britain sarà il prototipo delle attuali multinazionali. I prezzi del carbone inglese sono un punto di riferimento in tutto il mondo. Un po’ come i petro-dollari nel futuro.

colonialismoGià nel 1852 l’India viene dotata di una rete ferroviaria e si affacciano nuovi concorrenti: la Germania e gli Stati Uniti. In quest’epoca gas e petrolio sono detti “illuminanti”; vengono utilizzati come appoggio alla rete per aumentare le ore di lavoro negli opifici. Sul finire del XIX secolo la benzina era solo uno scarto di raffinazione del petrolio. Emblermatico il caso del raffinatore di Cleveland, il quale nel 1870 gettava di notte la benzina nei fiumi. Il ruolo di Rockefeller e della sua Standard Oil per il controllo del trasporto e del prezzo sarà decisivo per i futuri sviluppi di questa risorsa fossile e delle multinazionali contemporanee. Nascono presto compagnie rivali: la Royal Dutch Company e la Shell Corporation. «In Oriente, questi gruppi puntarono direttamente sul mercato asiatico; i loro pozzi infatti erano vicini, mentre la Standard Oil Company veniva da molto lontano». Alla fine della corsa si trattava di rendere i popoli più poveri e gli stati sudditi delle corporation. Dal 1878 si affaccia alla storia anche Thomas A. Edison. Telegrafia, telefonia e radio gli dovranno molto. La rete distributiva del gas subì la concorrenza della lampadina, per quanto riguarda l’illuminazione, che – vale la pena chiarirlo – interessa prima di Edison, non per usi domestici, ma per aumentare le ore di lavoro degli operai, in barba alla loro dignità.

«Nel 1881, associato co in fratelli Siemens … Edison concepì per la città di Londra la prima rete pubblica di illuminazione in Europa».

Tesla-vs-Edison-la-guerra-de-las-corrientesWerner Siemens e Nicola Tesla, (alternatore polifase) saranno altri grandi protagonisti di questoboom dell’energia elettrica, la quale – fatto assai importante – non ha peso, con effetti intuibili sui costi. Già dopo il 1914 ilmotore elettrico soppianta la macchina a vapore nelle fabbriche. Certo Edison non è stato lo scopritore dell’elettricità; non ha nemmeno il merito di aver inventato la corrente alternata, che oltre a ridurre i costi per trasmettere energia ovunque, permetterà anche l’utilizzo dei futuri computer; va dato atto non di meno, dell’intuizione da parte sua, dell’immenso potenziale di questa energia, che prima era relegata nei laboratori e nei giochi dei signori.

Arriva dunque il motore a scoppio. Il prezzo della benzina slitta ed il raffinatore di Cleveland si mangia le mani. La natura delle fonti fossili sta nel fatto che non si trovano ovunque, ma improvvisamente servono ovunque. La precarietà è ciò che distingue l’aria che si respira dai beni economici. Il minimo comune denominatore del modo di produzione capitalista. Così è fisiologico lo sviluppo dei primi cartelli.

«La crisi petrolifera del 1973-74 ha le sue radici nel lungo periodo di energia a buon mercato, cioè il precedente venticinquennio del secolo; ed è anche un sottoprodotto della congiuntura politica ed economica generale del mondo capitalistico; infine e soprattutto è l’elemento rivelatore di un fenomeno strutturale … del secolo XX: il sistematico destoccaggio dei combustibili fossili».

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bibliotecaDebeir, Deléage, Hémery, Storia dell’Energia. Dal fuoco al nucleare, Edizioni del Sole 24 Ore, 1987 (da cui traiamo le citazioni*);

Angela, Pinna, La Sfida del Secolo, Mondadori, 2006;

Attali, Karl Marx, ovvero, lo spirito del mondo, Fazi Editore, 2008;

Fusaro, Bentornato Marx!, Bompiani, 2009;

Harvey, A Companion to Marx’s Capital, Verso, 2010.

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