di Igor Carta
Primi effetti dell’accordo sul nucleare – Putin sblocca il programma di fornitura all’Iran dei missili terra-aria S-300.
L’accordo sul programma nucleare dell’Iran è stato globalmente definito epocale, una svolta che potrebbe portare notevoli benefici, sul piano politico ma soprattutto sul piano economico; tutti contenti tranne Israele, che non ha mai fatto mistero di vedere, non era certo il solo del resto, una seria minaccia nel regime di Teheran; Il premier Benjiamin Netanyahu anche di recente ha ribadito le ragioni che gli suggeriscono di diffidare dello stato persiano, con cui la comunità internazionale ha sottoscritto un accordo con numerose falle. Inoltre nella giornata di ieri è circolata un’altra notizia che non piacerà a tanti, ma soprattutto ad Israele; il presidente russo Vladimir Putin ha infatti firmato un decreto che cancella un provvedimento varato dal suo predecessore Dmitry Medvedev nel settembre 2010 che imponeva il divieto di esportare fuori dalla Russia i missili S-300, schierati per la difesa contro aerei e missili da crociera nemici. Malgrado le rassicurazioni del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov sulla natura esclusivamente difensiva dei missili S-300, la reazione di Israele non si è fatta attendere; secondo il ministro israeliano Yuval Steinitz la mossa del Cremlino, legittimata dal recente accordo sul nucleare, dimostra che l’eventuale crescita economica sovvenzionerà il riarmo invece del benessere degli iraniani. Qualcuno un po’ più malizioso ha osservato che tali batterie potrebbero rappresentare un serio problema per Israele nel caso decidesse di “autoproteggersi” come già fece contro l’Iraq nel 1981 con la famosa “operazione Babilonia”, quando caccia F 15 ed F 16 con la stella di David distrussero il reattore iracheno di Osiraq, acquistato dieci anni prima dalla Francia e ritenuto dai servizi israeliani l’avvio di un programma iracheno per la produzione di armamenti nucleari.
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