Germania – l’arte della deindustrializzazione

di Igor Carta

Un ottimo esempio di deindustrializzazione arriva dalla Germania, ecco cosa hanno fatto di una delle acciaierie più grandi del paese

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Saarbrücken è una città tedesca che di rado rientra tra le mete proposte dai tour-operator. Capitale del Saarland, il più piccolo dei Land della Germania, esso è, o era famoso, per i giacimenti di carbone che fin dagli albori della rivoluzione industriale favorirono la nascita e l’espansione dell’industria metallurgica. Così, nella cittadina di Völklingen, a pochi chilometri dal capoluogo, sorse nel 1873 una delle più grandi acciaierie d’Europa, la Völklingen Hütte. Dopo aver dato lavoro ad intere generazioni di operai, e complice la crisi globale del settore acciaio del 1975, anche la Hütte accusò il colpo e cessò l’attività nel 1986. Ma contrariamente a quanto accaduto in Italia, il pensiero corre subito all’Ilva di Taranto, ma soprattutto all’Italsider di Bagnoli, a Völklingen la deindustrializzazione ha seguito un percorso ben preciso che si è rivelato vincente. L’intera acciaieria, con i suoi sei maestosi altiforni, nel 1994 è stata dichiarata patrimonio dell’Umanità, e con un costo irrisorio al confronto con le note bonifiche tanto di moda in Italia, è stata messa in sicurezza e resa visitabile. Nel 2013 ha contato oltre 300.000 visitatori. Con un impianto luci adeguato poi, questa immensa cattedrale, così la definirebbero gli appassionati di archeologia industriale, la notte diviene anche suggestiva.

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Non sorprenderebbe più di tanto se un domani diventasse lo scenario di un video o meglio di un concerto dei Rammstein, i padri dell’Industrial Metal, o chissà, visto l’amore per gli scenari particolari, dei Pink Floyd. Tutti gli spazi dell’acciaieria, dai sotterranei alla maestosa sala turbine, sono stati attrezzati per ospitare mostre per tutti i gusti, dalle macchine di Leonardo da Vinci ai Celti, dalla Pop Art a quella, inaugurata nel 2014, sui cimeli egizi presi in prestito dal Museo di Torino. Inoltre il sito è largamente utilizzato come set cinematografico ed ha ospitato diversi concerti, e in ultimis al suo interno è possibile ammirare ciò che era l’intera filiera dell’acciaio, dal coke al prodotto finito. Ma ciò che ha forse fatto la differenza è il fatto che, malgrado la vecchia Hütte sia ferma da anni, poco lontano, nella Saarstahl, la produzione è continuata adeguandosi ai tempi. I numeri non sono più quelli di una volta, ma essa, con la produzione di acciaio e manufatti per l’industria automobilistica e aerospaziale, dà lavoro a circa 7000 persone. Invece a Bagnoli, dal 1991, l’unica a lavorare, e sodo, pare sia la magistratura, per le solite e tipicamente italiche ruberie che sono ormai all’ordine del giorno quando entrano in ballo soldi pubblici. Bonifiche inutili o magari finanziate ma mai eseguite, abusi edilizi, tangenti, corruzione, insomma, la solita “amatriciana” delle opere pubbliche.

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