Fuori dall’Euro – Grexit dietro l’angolo?

di Igor Carta

L’uscita della Grecia dall’Euro sembra prossima, ma i pareri sugli effetti sono discordanti specie nel breve periodo

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Un sito italiano ha riportato l’opinione del premio Nobel dell’economia, Paul Krugman, apparsa sul New York Times all’indomani dell’affermazione in Spagna del movimento Podemos, contenente una interessante riflessione sulla eventuale uscita della Grecia dall’Euro, condensata nel neologismo “Grexit“. L’argomento continua a tenere banco, nonostante l’odierna notizia secondo cui nell’ultima riunione tenutasi a Berlino il premiere ellenico Alexis Tsipras avrebbe presentato una proposta di accordo su cui i lavori ancora fervono; argomento “caldo” anche in Italia, specie in virtù della recente affermazione di due movimenti che caldeggiano l’uscita dalla moneta unica come la Lega Nord ed il Movimento 5 Stelle. Secondo Krugman, la Grecia in caso d’uscita passerebbe naturalmente un bruttissimo periodo, ma a quel punto il vero problema per l’Eurozona non sarebbe rappresentato dal fallimento della nazione ellenica, ma dall’eventualità che, in un anno o forse due, la sua economia possa gradualmente beneficiare di una vera ripresa economica; viene citato a titolo d’esempio il caso di robusti bevitori di birra britannici che potrebbero assaltare le località turistiche dell’Egeo o dello Jonio per beneficiare di una dracma notevolmente svalutata. Certo, per criticare l’opinione di un premio Nobel per l’economia ne servirebbe almeno un altro, ma subito verrebbe da chiedersi: “uno o due anni dopo l’uscita? Ok, ma nel frattempo che si fa? Un discorso simile ha i suoi bei “perché”, potremmo tornare ad avere stipendi in linea con il costo della vita, salvo alcuni basilari beni, primo tra tutti il carburante.

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Avrebbe senso prendere 3 milioni di lire al mese di stipendio se per controparte un litro di benzina arrivasse a costarne, nella migliore delle ipotesi, 5.000? Ma attenzione, perché il costo dei carburanti si rifletterebbe inesorabilmente su ogni aspetto della vita quotidiana, dalla produzione, lavorazione e trasporto dei beni alimentari, alla bolletta elettrica e a qualsivoglia attività che preveda l’impiego di materie importate che debbano essere acquistate con un cambio sfavorevole della lira con l’euro, il dollaro e la sterlina; forse l’importazione da altri mercati come Russia e Cina potrebbe godere di un cambio più favorevole ma il problema verrebbe solo posticipato, non risolto. La soluzione è semplice ed è sempre stata sopra la nostra testa, sole e vento, e sulle montagne, con l’idroelettrico, peccato che in una nazione con governanti che fino al 2011 farneticavano di ritorno al nucleare, dalla padella alla brace, la riconversione energetica è già in corso ma è talmente lenta e viziata dai tipici nostrani casi di speculazione da non permettere alla nazione di essere energeticamente autosufficiente. Il trasporto su strada ferrata, almeno quello di tipo commerciale e turistico, diverrebbe subito assai più competitivo se totalmente elettrificato, tariffe basse, impatto ambientale ed acustico vicini allo zero, più un significativo decongestionamento della rete stradale, ma questo è solo un esempio.

Sarebbe utile citare l’esempio di Freiburg, una città di 200.000 abitanti nel sud della Germania che già con la crisi petrolifera degli anni ’70 pensò bene di prendere altre strade, solare termico e fotovoltaico soprattutto, con interi quartieri che producono più energia di quanta ne consumano, senza contare la fiorente industria di ricerca e produzione di pannelli ed inverter che dà lavoro a migliaia di persone. Forse sarebbe il caso, prima di liberarsi dell’euro, di liberarsi degli speculatori, gli unici che finora hanno sempre vinto, crisi o non crisi.

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