Francesco Guccini si racconta nella sua Bologna

di Mariarosa Signorini.

Casa Musica, progetto nato nel 2009, ha organizzato la rassegna Nient’altro che Bologna – incontri tra giovani musicisti e artisti di fama al Teatro Antoniano di Bologna. Il 5 marzo ha inaugurato la rassegna Gianni Morandi, venerdì scorso è stata la volta del maestrone Francesco Guccini.

gucciniLa serata è iniziata con il set live di Paolo Prosperini Trio, rappresentante dello stile manouche, mix di chanson française, armonie jazz, suono acustico e ritmo swingantissimo, inventato da Django Reinhardt, padre del jazz europeo. L’esibizione è stata molto bella, d’altronde l’esperienza e la bravura di Prosperini è nota.

Classe 1989, nato a Bologna, comincia lo studio della chitarra a 15 anni da autodidatta, ma negli anni sono diverse le formazioni e i progetti a cui prende parte e collabora, da ultimo ha suonato in uno dei brani de Il Volo inserito nel loro disco Sanremo Grande Amore appena uscito per la Sony Music, reinterpretando con la sua chitarra il brano Piove di Domenico Modugno.

Ma torniamo a parlare del maestrone e del prosieguo della serata. Jimmy Villotti, noto musicista bolognese e soprattutto grande amico di Guccini, con cui spesso ha collaborato professionalmente. Famosa è la descrizione che il maestrone fa di lui:

«Lo definisco un genio, perché credo che sia l’unica persona al mondo che riesce ad accavallare le gambe mettendo giù tutti e due i piedi».

Doveva intervistarlo, ripercorrendo sul palco la sua carriera e i tanti ricordi che lo accomunano a Bologna. Il pretesto era quello di parlare delle “cose perdute”, così come Villotti, parafrasando il titolo dei libri Guccini, ha spiegato all’inizio. Ciò che ne è uscito è stato qualcosa di estremamente esilarante ed avvincente.

L’affinità, il feeling – in una parola l’amicizia – esistenti fra Villotti e il maestrone hanno caratterizzato tutto l’incontro, che, partito almeno inizialmente con una sorta di “scaletta”, è sfociato spessissimo in improvvisazioni bellissime. Simpatici sono stati gli anedotti sull’infazia emiliana dei due, la povertà, “le pezze al culo”, ma anche, già adolescenti, il loro incontro con la musica e con lo studio della chitarra – Guccini, dopo aver asserito di non volerla suonare più, alla domanda di Villotti: “hai un plettro?” ha risposto tirandosene fuori uno dalla tasca dei pantaloni! -, ma anche il loro mito giovanile per l’America e “l’America stracci”.

Bellissima serata, – che, nonostante la poca pubblicità, ha attirato 500 persone – bravo Jimmy Villotti e grandissimo, come sempre, Francesco Guccini. L’amore che egli prova per noi, che lo adoriamo, si è potuto scorgere nell’espressione del volto al momento del saluto finale. La sottoscritta si è commosa con lui.

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