F1 – addio al Gp di Germania

di Igor Carta

Una pura questione di soldi rischia di cancellare la F1 dai circuiti tedeschi, forse per sempre

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A furia di snaturarne i tracciati é morto il Gran Premio; anche se sembra una battuta così non é e così non sarà, benché previsto nel calendario sia del 2015 che del 2016 anche la Germania, così come la Francia, rischia di veder sparire per sempre un appuntamento che era uno dei grandi classici della massima serie motoristica mondiale. Dopo l’appuntamento dello scorso anno, assai al di sotto delle aspettative malgrado il dominio della Mercedes AMG e un pilota di passaporto tedesco, Nico Rosberg, a giocarsi il mondiale, si sapeva da tempo che l’edizione 2015 sarebbe saltata per i noti problemi, sempre finanziari che avevano messo in discussione lo svolgimento del Gp di Germania al Nürburgring, si è tentato di salvare comunque l’evento riportandolo subito all’Hockenheimring, ma a quanto pare non se ne è fatto nulla. E anche il fatto che nel calendario 2016 compaia il Gp di Germania non significa che dalla prossima stagione le cose tornino come prima, anche il Gp d’Italia a Monza, del resto, sarebbe a rischio.

Ormai da anni il big boss Bernie Ecclestone viene accusato di muovere date e sedi dei Gp esclusivamente in funzione dei quattrini offerti, cancellando appuntamenti storici in favore di altre esotiche location prive di qualsivoglia fascino o di un minimo di storia, così tracciati come il Paul Ricard, Brands Hatch e Imola hanno dovuto fare spazio a piste, o meglio, a “Tilkodromi” ormai tutti uguali agli altri, ma il caso dei circuiti tedeschi rimane a dir poco eloquente. Al Nürburgring per fortuna la F1 non corre più dall’anno dell’orribile incidente di Niki Lauda, e meno male, dato che anche di recente c’è scappato il morto. Venne quindi sostituito da un anonimo tracciato che poteva regalare gare interessanti solo in caso di pioggia. Bel altro e ben più sconcio destino attendeva invece l’Hockenheimring, fino al 2001 vero tempio della velocità insieme a Monza, in cui si correva a medie prossime a 250 km/h e si sfioravano velocità massime di 350!

Un circuito con caratteristiche uniche, quattro lunghissimi rettilinei dentro il bosco intervallati da secche chicanes, ed un tratto finale misto dentro il mitico “motodrom” vero e proprio anfiteatro dei motori in cui le vetture, scariche aerodinamicamente faticavano in fase di percorrenza. Circuito velocissimo ma anche pericoloso, non eravamo ai livelli dell’inferno verde ma anche Hockenheim fece le sue vittime, come l’illustre Jim Clark nel 1968 ed il francese Patrick Depallier nel 1980. Memorabile fu l’edizione del 2000, prima vittoria di Rubens Barrichello sulla Ferrari che trionfò dopo essere partito diciottesimo ed aver guidato sulla pista bagnata con gomme da asciutto. Accadde però qualche anno dopo che per incrementare le vie di fuga si sarebbe reso necessario abbattere un cospicuo numero di alberi, fatto che procurò le ire degli ambientalisti; così per salvare l’impianto si decise di stravolgere l’impianto escludendo tutta la parte veloce, restituita alla natura, facendo del tempio della velocità un toboga come tanti altri, benché i piloti giudichino abbastanza positivamente anche il layout odierno. Gli alberi vennero abbattuti comunque, Google Earth non mente, ma la massima serie perse senz’altro parecchio fascino, classica dimostrazione che spersonalizzare, almeno a lungo termine, non paga.

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