Expò e la Milano da bere

di Igor Carta

Expò 2015, la nostalgia degli anni ’80 ed il mito della Milano da bere, quando l’Italia era molto diversa

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In questi giorni, ma soprattutto in queste ore, Milano è su tutti i giornali, per l’Expo 2015, e per gli scontri di piazza contro quella che dovrebbe essere la vetrina, secondo qualcuno, per il rilancio non solo della città ma dell’intero paese. Certo che con il tema scelto, il cibo, sembra quasi si voglia palesare che in Italia non si sappia fare altro, ma tant’è…c’è chi è ignorante e certe cose non le capisce, sarà per un’altra volta.

Per chi ha ormai superato i trenta, Milano ha un sapore amaro, in duplice senso, visto che quando noi eravamo bambini erano gli anni di quella Milano dorata, punta di diamante di un’ Italia che non c’è più e che forse non tornerà mai. Correva l’anno 1985 quando, con un colpo di genio, il pubblicitario Marco Mignani, lo stesso dei “dieci piani di morbidezza Scottex” coniò il celebre slogan per l’amaro Ramazzotti, l’immortale “una Milano da Bere“, per celebrare una città viva come poche altre, la città della moda, dei locali notturni, quella in cui si emigrava per tentare di fare carriera.

Ma lo slogan “una Milano da bere” assunse, dicevamo, un significato assai amaro anche per ciò che successe dopo quei favolosi anni ’80, quando grazie a Tangentopoli sia la città che la nazione si accorsero che si era trattato di un grosso inganno, quando si comprese che non sempre successo faceva rima con capacità o ingegno, ma con qualcosa di più losco. Forse per qualcuno, per pochi fortunati é ancora così, ma la città di Milano non viene più vista come a quei tempi, come l’Eldorado in cui con il merito potevi farcela davvero; forse questa Expo potrebbe davvero essere una occasione di rilancio, anche se, visto il gran lavoro delle Procure, si direbbe che poco sia cambiato, ma che tanto sia anzi peggiorato. A qualcuno però piace anche solo ricordarla per quello che era, di averla sognata e desiderata, questa “Milano da bere”.

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