Economia dell’età della pietra #EconomicaMente

di Andrìa Pili.

«L’economia è la scienza che studia la condotta umana in quanto sia una relazione tra scopi e mezzi scarsi applicabili ad usi alternativi» – Lionel Robbins.

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La definizione di Lionel Robbins, definita come «formale», ritenuta paradigma della visione dominante entro la scienza economica, descrive l’economia in quanto tale al di fuori da ogni contesto storico, sociale e culturale. Due elementi da evidenziare: la scarsità e l’uomo come agente razionale. Da questi ne discende un terzo: l’economia come capitalismo, società di mercato. Tutti elementi che sembrerebbero conseguenti ad una intrinseca natura umana. Questi punti saranno oggetto delle critiche che saranno poste attraverso una sorta di assalto di altre discipline all’economia: antropologia, sociologia, psicologia, storia dovrebbero quindi contribuire all’elaborazione di modelli teorici più coerenti con la realtà.

Scarsità. Nel testo «Stone Age Economics», l’antropologo Marshall Sahlins- partendo dall’analisi delle comunità più simili a quelle primitive ancora presenti oggi- descrisse le società di cacciatori-raccoglitori come società dell’abbondanza. Per la maggior parte della storia umana – dall’avvento del Homo Sapiens (200000 a.C.) alla rivoluzione neolitica (8000 a.C)- gli uomini hanno vissuto entro piccole comunità nomadi non ossessionate dal problema della scarsità. Il che confuterebbe la tesi secondo cui questa sarebbe un fatto inevitabile e costitutivo del rapporto tra gli uomini e le risorse a disposizione per la propria sussistenza. Si può ritenere, invece, che la scarsità- oltre ad essere stata, con l’ultima era glaciale, l’incentivo alla nascita dell’agricoltura- sia il punto di partenza per ogni società di mercato, in cui nessuno è più in grado di produrre da solo quanto necessario alla propria vita e l’allocazione dei beni è dovuta all’incontro tra la domanda e l’offerta nel mercato. Secondo Sahlins, gli uomini nell’età della pietra occupavano solo una parte irrisoria del proprio tempo a procurarsi da vivere, pensando di poterlo trovare ovunque; inoltre, il proprio nomadismo limitava la possibilità di sviluppare il concetto di proprietà privata (al fine di potersi spostare con facilità le proprietà personali dovevano, al contrario, essere limitate).

Razionalità

Un filone dell’antropologia economica ha criticato il modello dell’homo oeconomicus, mostrando come dei comportamenti economici riscontrati in alcune tribù autoctone presenti nel mondo non occidentale. Bronislaw Malinowski nel celebre «Argonauts of the Western Pacific» ci descrive il kula, una forma di scambio entro un circuito chiuso tra le isole dell’Arcipelago delle Trobriane, con la necessità di lunghe spedizioni navali perché potesse realizzarsi. Collane (soulava) contro bracciali (mwali); ciò entro un cerimoniale il cui senso stava non nel valore d’uso di tali oggetti ma nella creazione di un legame tra differenti comunità. Questo era probabilmente funzionale alla realizzazione del baratto associato al rito.

Franz Boas, analizzando la tribù dei Kwakiutl nel Nord America, aveva scoperto la pratica del potlatch. Questa consisteva in una cerimonia in cui i capi del villaggio effettuavano una massiccia distribuzione delle proprie ricchezze, seguendo una certa linea gerarchica. L’antropologo tedesco ci descrive questo rito come una competizione tra i vari capi dei gruppi sociali, in cui a vincere era chi più riusciva a distribuire. Interessante anche il fatto che non era prevista solo una redistribuzione ma anche una distruzione di una parte dei propri beni.

Marcel Mauss nel suo «Saggio sul Dono» riprenderà gli studi di Boas e Malinowski, identificando il kula ed il potlatch entro un’economia dominata dalla reciprocità, per mezzo del dono, intesa come obbligo del dare e del ricevere. La cerimonia del potlatch è interpretata come una dimostrazione del proprio prestigio da parte del Capo del villaggio o della tribù (cui si doveva contraccambiare anche con usura, per esempio ricambiando con due coperte il dono di una coperta) volta ad obbligare i membri della propria comunità nei confronti. Si trattava quindi di una relazione asimmetrica.


Un altro filone di antropologi ha sostenuto, al contrario, la razionalità delle società primitive

Prendendo la stessa opera di Malinowski, ad esempio, hanno visto come le comunità delle Trobriane fossero in grado di produrre una quantità eccessiva di batate, utilizzando queste per rispettare delle norme sociali determinate; in un contesto ove non era possibile l’accumulazione, questo comportamento è stato ritenuto razionale. Cajanov, analizzando le comunità contadine in Russia, ha notato come queste producessero di più in certi periodi e di meno in altri, adottando un comportamento economicamente razionale.

La psicologia – in particolare grazie agli studi dei tre premi Nobel per l’Economia Simon, Kahneman, McFadden (economista) e di Tversky – ha risolto la dicotomia tra razionalità e irrazionalità umana elaborando il concetto di razionalità limitata. Analizzando il processo decisionale si è riscontrato quanto le nostre scelte siano influenzate da euristiche (modi in cui il nostro cervello semplifica il processo decisionale, ad esempio facendo sì che un evento sia ritenuto più probabile più recentemente esso si è verificato o ragionare per stereotipi) e dal contesto in cui la scelta deve compiersi (scenario di possibili guadagni o possibili perdite), anziché dalla probabilità associata ad un evento. Inoltre, una scelta pienamente razionale è impedita dall’imperfezione delle informazioni a disposizione e dalla non conoscibilità di tutte le possibili scelte e alternative.

Capitalismo ed economia

Possiamo definire il capitalismo come un sistema economico basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, il lavoro salariato e la produzione per il mercato. Facile notare come questi tre elementi non siano sempre esistiti storicamente. In particolare il terzo, che implica la posizione dominante del mercato nella società, è stato reso possibile soltanto a partire dagli ultimi due secoli e mezzo (con la Rivoluzione Industriale).

Karl Polanyi, storico economico che ha analizzato l’economia da un punto di vista multidisciplinare, è tra i maggiori autori che si sono occupati di circoscrivere il ruolo del mercato nella storia umana. Inoltre, attaccò i formalisti accusandoli di «fallacia economicistica». Contro Robbins, contestando l’equazione tra economia umana e mercato, elaborò una definizione alternativa di economia, che vede questa come il processo istituzionale attraverso cui l’uomo interagisce con i suoi simili e con la natura al fine di soddisfare i propri bisogni materiali. Le attività di produzione, distribuzione e consumo sarebbero integrate nella società attraverso le forme della reciprocità, redistribuzione e scambio. La prima sarebbe prevalente nelle economie primitive (doni tra famiglie o gruppi parentali); la seconda caratterizzerebbe economie con una maggiore stratificazione di classe e ampiezza, come i grandi imperi orientali, esigendo l’esistenza di un centro politico coercitore che si occupi di raccogliere i beni e poi li redistribuisca; la terza prevale nelle società capitaliste, entro un sistema di mercati autoregolati.

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