Crediti e Training possono sconfiggere la Povertà

di Andrìa Pili.

È possibile migliorare le condizioni di vita delle famiglie più povere, con crediti e training mirati, dando loro l’opportunità di avviare una attività autonoma?

lotta povertà

A questa domanda hanno cercato di rispondere nove ricercatori, operanti soprattutto negli Stati Uniti, con l’intento ulteriore di offrire un modello utile a diverse organizzazioni volte a combattere la povertà in diversi contesti. Il loro studio è recentemente comparso sulla rivista Science: Utilizzando un campione di 10000 famiglie estremamente povere (meno di 1.25 dollari al giorno) di sei paesi in via di sviluppo (Etiopia, Ghana, Honduras, India, Pakistan, Perù) e fornendo loro un pacchetto di aiuti per due anni – comprendente cibo, contanti, servizi sanitari, training per lo sviluppo delle proprie capacità, sostegno per l’avvio della propria impresa, specie la fornitura di animali da allevamento, informazioni – si è dimostrato che, nella grande maggioranza dei casi, esso ha contribuito alla fuoriuscita dei beneficiari dalla trappola della povertà.

Ciò non va confuso con il microcredito, perché i beneficiari dei programmi analizzati non dovevano restituire quanto ricevuto. Inoltre, pare che ciò li abbia spinti ad assumersi più rischi.

La conclusione finale degli studiosi è che i buoni risultati raggiunti potrebbero ripetersi su larga scala con programmi governativi. L’obiezione possibile contro un simile progetto punterebbe il dito contro la sua dispendiosità: da circa 1500 dollari per famiglia in India a quasi 6000 in Pakistan; tuttavia, occorre anche sottolineare i positivi ritorni sugli investimenti – dal 133% in Ghana al 433% in India. A quanto sostiene uno dei nove ricercatori – Dean Karlan, dell’Università di Yale – il governo etiope starebbe pensando di continuare il progetto coinvolgendo 3 milioni di persone; Pakistan e India starebbero ugualmente pensando ad interventi analoghi.

I paesi in via di sviluppo non dovrebbero essere i soli a sentirsi toccati da una simile analisi. Se pensiamo al pensiero neoreazionario in voga in Occidente negli ultimi vent’anni – ed espresso frequentemente da qualche politico italico in talk show televisivi, ultimo il «chi ha reddito zero vuol dire che non ha combinato nulla nella vita» della deputata del PD Alessia Morani – un simile esperimento confuta l’idea per cui la povertà è una colpa del povero e dimostra l’importanza di politiche attive e che puntino, innanzitutto, sull’autorealizzazione degli individui e non sulla loro costrizione affinché accettino di vendersi ad ogni costo pur di non morire di fame o, all’opposto, su un reddito di cittadinanza.

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