Condono edilizio – eredità della prima repubblica

di Igor Carta

Fu durante la prima repubblica che giunse la moda di condonare gli abusi edilizi, misura per fare cassa ma che è costata più di quanto abbia reso

L'ecomostro di Punta Perotti, abbattuto nel 2006
L’ecomostro di Punta Perotti, abbattuto nel 2006

La Procura di Brindisi nel marzo 2014 dispose il sequestro di ben 90 immobili e notificò quasi 200 denunce a danno di falsi coltivatori diretti, tecnici comunali e liberi professionisti. I soggetti in questione avrebbero ottenuto concessioni edilizie e condizioni fiscali favorevoli, per l’edificazione di fabbricati ad uso agricolo, divenuti ben presto case vacanze con tutti i crismi del caso, piscine comprese. I precedenti ovviamente si sprecano, come dimenticare ad esempio un palazzinaro romano che aveva dotato la piscina casalinga, ovviamente abusiva, di una copertura per occultarla agli occhi indiscreti di Google Earth. E qui, certamente, non si parla del rinomato “abusivismo di necessità”, ma di una vera e propria truffa ai danni dell’Erario. Infatti oltre ai danni ambientali e paesaggistici della costruzione in sé, la stessa comporta un onere di bonifica per lo smaltimento fuori norma dei residui dei lavori, nonché evasione fiscale; ovviamente un fabbricato agricolo vanterà in sede di denuncia in catasto una rendita più bassa e di conseguenza un regime fiscale adeguato alla sua categoria. Ma se in seguito lo stesso edificio viene trasformato in villa con piscina senza adeguarne il classamento, ciò equivale ad una vera e propria frode. Inoltre, essendo il territorio italiano sismicamente e idrogeologicamente instabile, l’abusivismo edilizio, foraggiato da quelle odiose misure di craxiana memoria comunemente dette “condoni”, rischia di diventare una piaga capace di produrre più vittime degli incidenti stradali. Lo si è visto in Abruzzo ad esempio, con fabbricati elevati con calcestruzzo a base di sabbia di mare, poco cemento e con armature insufficienti. Lo si è visto in Sardegna, con le recenti e rovinose alluvioni, quanto possa costare caro il malcostume di costruire negli alvei o peggio deviando il corso dei fiumi. Lo si è visto a Sarno e a Maierato cosa possa provocare la deforestazione selvaggia, con intere montagne che travolgono gli abitati.

Ma vi è anche il rovescio della medaglia. L’abusivismo edilizio è certamente un fenomeno odioso e deleterio per le ragioni riportate poc’anzi, ma come sempre italicamente accade ha delle radici che traggono maggiormente linfa proprio da quelle istituzioni che su di esso hanno anche lucrato. L’edilizia spontanea è sempre stata una realtà universalmente accettata fino all’esordio del primo condono del governo di Bettino Craxi del 1985, misura atta a fare cassa, tanto di moda sia nella prima che nella seconda repubblica. Nessuno di questi provvedimenti ha reso più di quanto sia costato, e migliaia di pratiche giacciono ancora negli archivi dei comuni. Solo in seguito, e troppo in fretta, per rispondere alle nuove normative di stampo europeo, vennero varate delle leggi atte ad arginare l’abusivismo, ma talmente onerose e restrittive da rendere l’attesa del condono successivo assai più competitiva. Inoltre il varo di normative sempre più severe ha ulteriormente peggiorato le cose. Il costo delle lavorazioni edili privilegia le nuove costruzioni a discapito delle ristrutturazioni, così ci si ritrova ad esempio centri storici semivuoti, nonché gravati da vincoli a volte assurdi, e periferie in continua espansione, con sommo gaudio degli speculatori, visto che urbanizzare il terreno vergine comporta la realizzazione della viabilità, delle canalizzazioni impiantistiche, fogne, illuminazione ecc…Inoltre l’edilizia privata è ormai appannaggio dei grandi costruttori viste le note difficoltà per l’accesso al credito. Quanti possono ancora permettersi di accendere un mutuo che permetta di acquistare l’area fabbricabile con i conseguenti oneri di urbanizzazione, nonché i costi notarili del caso? Poi occorre pagare il progettista, gli oneri comunali, la relazione geotecnica, le lavorazioni edili, la certificazione termica, il collaudo, l’abitabilità e la denuncia in catasto. “Prima create dei ladri, poi li punite” disse secoli fa Thomas Moore, ma ovviamente in Italia anche il concetto di punizione viene misurato spesso con il metro del potere. La cavillosità dei regolamenti edilizi, unita alla proverbiale inerzia dell’azione della magistratura dà modo ai più di salvarsi; i meno fortunati invece, oltre a vedere la loro abitazione abbattuta dai mezzi dell’esercito, hanno poi anche l’onere di smaltire i rifiuti prodotti, ordine a cui nessuno ovviamente ottempera per comprensibile ripicca. Le soluzioni sono numerose e valide, ma andrebbero inesorabilmente a cozzare con interessi ancora troppo forti. Degli incentivi davvero convenienti per le ristrutturazioni sarebbero malvisti da chi specula sugli appalti, essendo interventi di edilizia “minore”, ma sarebbe l’unico modo per bloccare la cementificazione selvaggia. Una seria politica di rimboschimento di tutto il territorio nazionale permetterebbe di limitare l’erosione del suolo ed il conseguente rischio di frane e smottamenti; di ciò ci si ricorda solo a cadavere caldo, ma è risaputo che anche la ricostruzione è un businnes, L’Aquila docet. L’applicazione retroattiva delle norme sismiche e dei piani idrogeologici, per tentare di eliminare sul nascere gli edifici costruiti in zone di pericolo è pura utopia. Misure inapplicabili? Troppo onerose? Da stato di polizia? Forse la domanda giusta è un’altra; ha senso sfornare nuove leggi se nessuno le rispetta e soprattutto chi di dovere non le fa rispettare, ma per far cassa incentiva ad infrangerle?

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