Chefren – la piramide vuota

di Igor Carta

Seconda per dimensioni, la piramide di Chefren possiede anch’essa peculiari caratteristiche, alcune comuni, altre opposte alla sorella maggiore

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La Grande Piramide attribuita al faraone Cheope é senz’altro la più grande, la più nota e senz’altro la più discussa e studiata per alcune peculiari caratteristiche che per molti rimangono inspiegate, ragion per cui le altre strutture non godono della stessa fama, nonostante possiedano anch’esse determinate peculiarità. La seconda piramide, attribuita al faraone Chefren o Khafre, figlio di Cheope/Khufu, sembra possedere le stesse dimensioni della Grande Piramide, ma é solo una illusione dovuta al fatto che la struttura venne edificata su uno zoccolo di pietra rialzato di circa 10 metri rispetto alla piramide adiacente; essa poteva vantare una altezza di 144 metri, oggi calati a 137 a causa dei crolli, per un lato di 215,5 metri. E’ facilmente distinguibile rispetto alle altre per la copertura in calcare bianco di Tura che ne ricopre ancora gli ultimi corsi presso la sommità, ciò lascia facilmente immaginare quale doveva essere l’aspetto delle piramidi appena ultimate. L’interno si presenta diverso dalla “sorella maggiore”, scavato nella roccia, scarno e totalmente privo di qualsivoglia iscrizione, l’aspetto é senz’altro più “rupestre”. La copertura della camera tombale, costituita da massicci lastroni calcarei del peso stimato di circa 20 tonnellate, non sembra possedere camere di scarico, e ormai da millenni regge una mole d’incredibile portata. L’interno venne violato diverse volte nei secoli, secondo testimonianze scritte sarebbe stato aperto e sigillato a più riprese fino alla “scoperta ufficiale” dell’esploratore padovano Giovanni Battista Belzoni che penetrò nella piramide il 2 marzo 1818, rinvenendo solo il sarcofago in pietra spezzato a metà e delle ossa di bovino; è curioso questo rinvenimento, potrebbe trattarsi di semplici rifiuti, ma facendo mente locale, gli egizi praticavano un singolare culto dei tori che abbiamo già conosciuto, relativo al Serapeum di Saqqara.

Così come per quella di Cheope, nemmeno la piramide e la camera sepolcrale di Chefren restituirono una qualsivoglia prova, uno scritto o un oggetto che comprovi la credenza ufficiale secondo cui i due faraoni della IV dinastia trovarono l’eterno riposo dentro queste strutture, nulla che sia lontanamente paragonabile al corredo funerario di un grande re, incarnazione di una divinità peraltro. Possibile che, malgrado le numerose visite, Belzoni non trovò altro che ossa di bovino nella camera, nemmeno un coccio, un resto di mobilio, un pezzo di legno, un’iscrizione lasciata dai costruttori, niente, solo qualche osso; eppure, visto l’accesso non propriamente praticabile, i vari saccheggiatori non avranno potuto rimuovere ogni singolo oggetto; senza andare troppo lontano, nell’unica piramide satellite di quella di Chefren, di cui oggi rimangono poche rovine, nei suoi spazi interni vennero rinvenuti resti di mobilio rituale. Chissà, probabilmente per queste domande una risposta soddisfacente non arriverà mai.

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