Black Mass – L’Ultimo Gangster

di Enrico Bulleri.

Basato sulla storia vera di uno dei gangster più famosi nella storia degli Stati Uniti.

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Diretto da Scott Cooper (“Crazy Heart”, “Out of the Furnace”), scritto da Mark Mallouk e Jez Butterworth e basato sul libro di Dick Lehr e Gerard O’Neill, Black Mass inizia nel 1975, pochi anni dopo che Bulger (Johnny Depp, “The Rum Diary”) è stato rilasciato dopo la sua lunga detenzione nelle prigioni di Leavenworth e Alcatraz. Egli ricostruisce il suo sindacato – gioco clandestino, strozzinaggio, racket, distributori automatici, scommesse ecc. – per pura intimidazione, utilizzando i “talenti” dei membri della Winter Hill Gang: Kevin Weeks (Jesse Plemons, “The Homesman”), Steven (Flemmi Rory Cochrane, “Argo”), John Martorano (W. Earl Brown, “Savage”) e Brian Halloran (Peter Sarsgaard, “Night Moves”), tra gli altri. Il suo più grande alleato, tuttavia, è l’amico d’infanzia e agente dell’FBI John Connolly (Joel Edgerton, “The Gift”), che fa di Bulger un partner (al contrario di un “informatore”) nel colpire la mafia italiana che cerca di prendersi il territorio di South Boston.

Ben presto, però, nel tentativo di proteggere il suo socio, Connolly comincia a guardare da un’altra parte quando Bulger sfrutta il vuoto di controllo nei suoi riguardi per rivalersi anche del passato e schiacciare uccidendoli, i suoi nemici. Vi è anche un elemento di razzismo quando uno dei compari di Whitey castiga un poliziotto irlandese per essere un “figlio di questa nostra stessa terra, ma dalla parte dei suoi oppressori”. Aggiungendo al mix il fratellino di Bulger, Billy (Benedict Cumberbatch, “The Imitation Game”), un senatore dello stato del Massachusetts che evita abilmente che le attività più oscure di suo fratello possano finire sotto la lente d’ingrandimento della giustizia, facendosi al contempo beneficiare della sua popolarità nel loro quartiere. Connolly è così impegnato a camminare su di una corda sottile, cercando di mantenere il suo amico fuori dai guai mentre mostra ai suoi superiori, in particolare all’agente Charles McGuire (Kevin Bacon, “Mystic River”) che l’accordo con il suo informatore vale la pena che continui. Ben presto, però, dopo aver perso il figlio e la madre, Bulger diventa sempre più fuori controllo, ordinando visite per diverse personalità di criminali avversari di spicco e uccidendo personalmente una prostituta e un confidente della stessa FBI. Connolly è dunque messo con le spalle al muro, quando un nuovo procuratore degli Stati Uniti, Fred Wyshak (Corey Stoll, “Ant-Man”), arriva sulla scena. E quando anche quel muro comincia a crollare sui suoi soci che sono arrestati o volontariamente confessano, Whitey lascia una nuvola di polvere dietro di sè ed evita la legge per più di un decennio prima della sua cattura e relativa condanna, nel 2011.

In questo ruolo, dagli occhi d’acciaio, da impassibile e sottile assassino inflessibile, e gangster, Depp compie un enorme ritorno in tali lugubri ruoli come da propria volontà (tranne la parentesi di “Trascendence”). Dando qui, una delle migliori performance in assoluto della sua carriera e su di un piano che sicuramente gli farà guadagnare un’altra candidatura agli Academy Awards (e forse anche il suo primo Oscar). Edgerton funziona bene, anche troppo, in un persnaggio il quale ben sa che quello che sta facendo è sbagliato, ma sempre cercando di parlare a se stesso sull’efficacia della propria azione contro il crimine mafioso.

Comunque. I suoi goffi tentativi a cavallo della linea tra la legge e il disordine sono anche interessanti, ma avrebbero potuto esserlo molto di più. Come tutti gli altri, però, dà un buon accento di Boston al su carattere (soprattutto per un nativo australiano). L’ambiguità morale tra Bulger e Connolly, e in misura minore Billy, è esplorata con maturità, ma la sceneggiatura opta per coprire invece aree già sature da immagini migliori prese dai manuali sui gangster messi in immagini da Scorsese e Coppola. Un altro peccato è la piena prevedibilità dell’opera. Ad esempio, sappiamo che ogni volta che qualcuno provi a mettersi contro Bulger verrà fatto fuori, nella scena successiva dovrà essere ucciso in qualche modo orribile. Sembrando quasi la messa nera di una setta di gangster che si sposta da omicidio a omicidio nell’esposizione a uccidere piu’ persone possibili.

C’è anche poca tensione, umorismo o quell’ironia che avanza di pari passi rispetto alla nostra conoscenza di chi è Bulger, che permetterebbe di andare al di là di un altro film di gangster. Non è un in ogni modo un brutto film, solo che avrebbe potuto essere molto meglio nella sua realizzazione finale. (Complimenti vanno fatti al lavoro compiuto sul periodo storico, anche se, le automobili, gli abiti, le acconciature e soprattutto i telegiornali aiutano e non di poco nel lro trasparire). E’ un peccato che la storia molto accattivante di James “Whitey” Bulger – che sono convinto può ancora essere trasformata in un vero grande film in mani più competenti – lasci così tante potenzialità e opportunità sul tavolo. Cooper, che ha diretto Jeff Bridges per il suo primo Oscar come Miglior Attore (dopo quattro nomination), può solo avere lo stesso tocco magico per Depp, che certamente merita per questo sforzo, ma che può anche essere tutto ciò cheprobabilmente resterà da ricordare di questo film.

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