Bed Time aka Mientras Duermes

di Enrico Bulleri.

«Ti cancellerò per sempre, quel sorriso dalla faccia» – Bed Time.
mientras-duermes-bed-time-locandinaCésar (Luis Tosar) è un uomo perennemente infelice. Ogni giorno appena sveglio per lui si apre un inferno di amarezza e angoscia esistenziale, estremo dolore. Tuttavia, i residenti del condominio in cui lavora, come sempre, non sospetterebbero né saprebbero mai di quale abisso di abiezione si nasconda in quest’uomo. Questo portiere fedele è l’incarnazione del servilismo più educato, un uomo di cui non metteresti mai in discussione il carattere sottomesso. Sotto questo aspetto grigi, è però lucidamente un pazzo psicotico così reso dalle amarezze di una vita terribile. In stile odierno si direbbe da “Stalker” estremizzato, César mantiene delle note dettagliate su ogni residente, e una particolare residente ha catturato la sua attenzione.

Clara (Marta Etura) è tutto ciò che César non è, non è mai potuto essere né può più diventare. Clara è una giovane, bella ragazza, perennemente sorridente e felice che si sveglia ogni mattina di uno slancio nuovamente ottimista. Così come gli uccelli azzurri che svolazzano davanti alla sua finestra a cinguettare allegramente, lei danzerebbe per la sua strada dirigendosi verso la propria routine quotidiana, e non ci sarebbe affatto da rimanerne sorpresi. César la vorrebbe tanto poter amare per questo, ma allo stesso tempo non può che odiarla sapendo alla perfezione che non potrà né potrebbe, mai essere sua, lui, un niente. Egli nutre un profondo risentimento verso tutto e tutti, del quale parla solamente alla propria madre, oramai muta e costretta a letto morente- una donna che sembra essere in una sorta di coma, dando al film un cenno evidente verso una dolorosissima e quasi insostenibile forma simil- consapevole alla “Psycho”. Come César complotta contro Clara assistiamo alla più buia e oscura depravazione di un desiderio continuamente represso, continuamente frustrato e in cui egli sguazza continuamente, con la sua follia che oramai gira maniacalmente fuori controllo verso un finale imprevedibile.

In “Bed Time” Jaume Balagueró mette in mostra a tutti coloro in grado di ammirarlo per quanto sia efficace, di essere diventato un regista di magistrale bravura nella rappresentazione di una storia dolorosa, grazie la tanto talento del quale è dotato. Con il suo primo film firmato da solista e non assieme a Paco Plaza dopo i fortunati “[REC]”, Balagueró attacca alle basi il genere, offrendo una visione oscura e amarissima che però non è mai convenzionale, ma anzi dimostrandoci che essendone capaci c’è ancora molto che può essere fatto entro i confini di una delle formule del thriller più veristiche e al contempo già provate. In tal modo egli riesce a portare alla ribalta abbastanza del suo stile personale, che fa di questo film una sua davvero inconfondibile creazione.

Lo stile della firma di Balagueró è quello riportato fin dai due film di “[REC]” (2007, 2010), per come egli sappia mantenere tutta l’azione impostata entro i confini di un vecchio edificio e al suo interno ancora, di un appartamento sito in Spagna. L’atmosfera che emana è in parte nello spirito di Polanski, di “Rosemary’s Baby” (1968) e di “L’Inquilino del terzo piano” (Le Locatàire, 1975). I tre appartamenti non sono difatti mostrati con quasi nessuna immagine ripresa all’esterno dell’edificio. In tal modo, Balagueró mantiene i set minimali e molto stretti, se non volutamente claustrofobici, un dettaglio efficace che non non è solo pratico dal punto di vista del budget, ma assicura anche che il pubblico rimanga sempre in posizione centrale nel bel mezzo dell’azione e saldamente radicato nel punto di vista di Cèsar.

mientras duermes

Quello che ho pensato vedendo il film, una sola volta perchè per molti potrebbe essere troppo doloroso, è che è stata davvero magistrale la bravura con la quale Balagueró è riuscito a ingannare il pubblico e a simpatizzare nonostante tutto con César. Una delle scene più straordinarie anche dal punto di vista meccanico della suspense si verifica quando César non riesce ad evitare di farsi intrappolare all’interno dell’appartamento di Clara. Lo spettatore può vederlo mentre cerca freneticamente di uscire dall’appartamento senza essere catturato né scoperto, ed è in questo preciso momento di terrore puro che si capisce di non avere certo alcuna preoccupazione per il fortunato e felice personaggio di Clara, di non averla mai avuta. La suspense e l’ansia che si vive è solo per César. Non si vorrebbe mai che sullo schermo si affacciasse anche soltanto la possibilità di farsi prendere, e mai si impone nessuna contentezza che finalmente stia per ottenere la sua meritata punizione. No, qui questo non è mai il caso. Ed è sempre in questo preciso momento che si instaura la certezza di stare guardando qualcosa di veramente potente.

Innanzitutto, è la prestazione di un eccezionale Luis Tosar che dà a questo film la sua potenza. La sua sola presenza e gli atteggiamenti che tiene sono sufficienti per trasmettere al pubblico dei brividi, prima ancora che commetta un unico atto atroce. I monologhi della sua mente sono chiaramente parlati ad alta voce, creando un personaggio di disperata solitudine e ancora più disperante cattiveria che qualcuno potrà disprezzare ma per cui molti altri non potranno altrettanto che perlomeno, empatizzare. La dinamica che condivide con Marta sullo schermo è di vitale importanza per la storia e, mentre la partecipazione di Marta come Clara si presenta quasi come un ruolo di supporto per Tosar, non è lo stesso da sottovalutare. C’è una chiara crudele energia, in gioco con le loro interpretazioni, che veicola come meglio non avrebbe potuto, l’intero film.

Balagueró ha realizzato in apparente semplicità e sicura scioltezza un altro film incredibilmente inquietante che meriterebbe davvero di essere visto, anche se certamente non è il tipo di storia e di personaggio adatta ad un pubblico troppo ampio e dalle visioni superficiali. Se “Mientras Duermes” non ha compiuto una ricerca per ogni centimetro che fosse misurabile del dolore di un’anima e di una vita senza ritorno né felicità possibili, e che con il proprio dolore si vede come aver garantito la felicità e la libertà, negli occhi e nelle vite degli altri, allora non so quale altro film la possa aver compiutamente rappresentata meglio.

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